Aldo Bianchini
SALERNO – Non so che darei per capire cosa realmente è successo di tanto grave, qualche anno fa, tra Mara Carfagna ed Edmondo Cirielli da produrre una spaccatura profonda, insondabile e insanabile. In politica ho assistito a mille e mille spaccature ma mai nessuna come questa tra i due ex leader di quel centro destra che aveva conquistato, a più riprese ed a fatica, la maggioranza a Salerno città e nel resto della Provincia. Negli ultimi cinquant’anni, che io ricordi, sono state sanate fratture politiche incredibilmente più traumatiche di questa di cui parlo, ed è accaduto a tutti i livelli e tra personaggi di un’importanza stellare rispetto ai due contendenti nostrani. Ma questa guerra senza esclusione di colpi e senza confini ha un valore aggiunto, quello cioè di trascinare nella bagarre direttamente e personalmente tutti i fedelissimi di questa o quella fazione, almeno fino a quando non cambiano casacca per ritornare a guerreggiare. Pochi giorni fa nell’articolo dal titolo “Forza Italia: Mara veste Prada ?” ho cercato di tratteggiare i contorni della guerra intestina e toccai nello specifico l’argomento della ricostruzione del partito di F.I. che non può avvenire, a mio avviso, con gli uomini che hanno prodotto una delle sconfitte elettorali più cocenti di questi ultimi anni. E’ il segno inequivocabile che neppure quella che era stata definita “una macchina di voti” (alludo al sen. Enzo Fasano) è più sufficiente per risalire la china del consenso, proprio perché stranamente quella macchina si è inceppata e, forse, incaprettata sui soliti nomi portatori non di voti ma di sconfitte. Mi ha fatto piacere constatare che proprio all’indomani del mio articolo il sindaco di Scafati Pasquale Aliberti (che in passato aveva già avuto modo di scontrarsi con Mara) abbia preso le distanze da questa riorganizzazione del partito ed abbia precisato che devono essere promossi i personaggi che sul campo hanno dimostrato di saper raccogliere i voti; ma mi ha fatto dispiacere apprendere che poche ore dopo ha bloccato sul nascere la collaborazione dell’impavido Antonio Roscia per rimanere, forse, in quella strettissima fascia di grandissima indecisione. Ha fatto benissimo Roscia a rispondergli per le rime affermando che “Aliberti è politico senza coraggio. Quando uno il coraggio non ce l’ha, nessuno glielo può dare, diceva il Manzoni”. Ma ancora, non basta essere donne (Gattola e Senatore) o giovani volenterosi (Roscia, Acocella, ecc.) per entrare nel direttivo provinciale, bisogna prima dimostrare di essere portatori di un congruo pacchetto di voti; un po’ come accadeva un tempo che per scalare le vette dei partiti bisognava fare gavetta attraverso la partecipazione alle chermesse elettorali per dimostrare la propria valenza di “grande elettore”. Questo, naturalmente, se si vuole ricostruire un partito vero e non un partito barzelletta. Comunque sia Pasquale Aliberti ha aperto uno squarcio in un mondo che sembra vivere innanzitutto di ricordi e poi di un chiacchierificio impressionante; le precisazione di Enzo Fasano sulle iniziali dichiarazioni di Pasquale Aliberti non andavano, secondo me, nella direzione giusta e già si annunciavano nuove battaglie e nuove scissioni: ma nel nome di chi e di cosa ? ora la grana sembra covare sotto la cenere, ma c’è ed esploderà. Basterebbe che i protagonisti di queste squallide vicende si ponessero proprio questa domanda “ma nel nome di chi e di cosa” per fare un passo indietro e dare spazio a quell’unità che soltanto a parole vogliono tutti. Seguo le vicende politiche provinciali da decenni e devo anche precisare che non mi è piaciuta la dichiarazione-stampa diffusa dal coordinatore di F.I. del Vallo di Diano, Valentino Di Brizzi, che in merito alla visita dell’on. Alberico Gambino dell’altro giorno a San Pietro al Tanagro si è così espresso: “In qualità di principale riferimento di Forza Italia del Vallo di Diano, sento il dovere di precisare che l’incontro di questa sera, organizzato dal movimento politico Fratelli d’Italia, certamente per fare in modo che l’On. Gambino abbia la possibilità di incontrare e ringraziare i propri elettori, potrà anche essere momento interno al loro partito per le proprie ed opportune valutazioni, ma non riteniamo possa essere momento di partenza per il rilancio del centro destra locale”. Ecco, questa dichiarazione (presa a stralcio da un contesto più ampio) è la chiara dimostrazione del fatto che l’odio tra le due fazioni in campo non conosce ostacoli se anche tra Valentino e Alberico (sinceri amici di vecchia data) c’è la necessità di una precisazione così forte e tale da far prevedere nuove e più furiose tempeste (sempre politiche, ovviamente !!). Se poi andiamo avanti nell’analisi della dichiarazione-stampa di Valentino Di Brizzi esce allo scoperto anche un altro “dente avvelenato” ma non produttivo sotto il profilo della risalita elettorale: è vero che Forza Italia è il primo partito sul territorio provinciale, è vero che F.I. è il primo partito nel Vallo di Diano, ma non si vive di questi simbolici primati, bisogna conquistare i seggi in Regione, in Provincia e nei Comuni, e questo accade sempre meno a causa delle instabilità e delle turbolenze prodotta dalla traumatica scissione tra Mara e Edmondo a danno, non soltanto della loro personale credibilità ma di tutto il centro destra salernitano ed anche campano. E gli effetti sono sotto gli occhi di tutti. L’invito di Valentino è sicuramente per l’unità, ma l’unità non si raggiunge mai proclamando apoditticamente: noi siamo i primi. Così si va verso altre sconfitte.
direttore: Aldo Bianchini
Ma cosa vuol dire “fare un passo indietro” in quest’ambito?
Se vuol dire dover lasciare più o meno importanti consigli comunali e consigli d’amministrazione (enti, partecipate, municipalizzate), e quindi perdere ogni possibilità di crearsi clientele e voti (perchè i voti mica si conquistano con proposte politiche valide? No, occorrono almeno un bel numero di consulenze da assegnare e posti di lavoro a tempo determinato da dispensare).allora di cosa stiamo parlando?
Chi farà il passo indietro sparirà per sempre, mentre l’altro sopravviverà sperando che il pò di carcassa di animale che è rimasto da rosicchiare possa bastare a rimanera a galla.
Allora non chiediamo la luna nè sacrifici umani. Immolarsi all’altare di una causa, a cui nessuno crede ma dalla quale tutti si aspettano solo qualcosa di concreto e sostanzioso da portarsi a casa è una opzione, che nel caso concreto non esiste.