Strage di Silla: le immagini dell’orrore e le polemiche contro i giornalisti


Aldo Bianchini
SASSANO – La pubblicazione delle immagini della “strage di Silla” in cui morirono quattro giovani ragazzi sassanesi (Giovanni e Nicola Femminella, Daniele Paciello e Luigi Paciello, quest’ultimo fratello del conducente l’autovettura assassina Gianni Paciello) ha provocato, come era giusto che fosse, le reazioni più disparate possibili, ma tutte indirizzate verso la “condanna di un giornalismo becero”. Per tantissimi, con l’aiuto dello strumento internet, quello di dare addosso ai giornalisti è lo sport più facile perché lo si può fare senza eccessivi problemi; purtroppo a questa diabolica distorsione della realtà partecipano spesso anche gli stessi giornalisti, timorosi di poter perdere il loro riferimento. Nessuno, però, ha tenuto conto che il giornalismo è il “ventre molle” (facilmente attaccabile !!) del tanto vituperato “pianeta dell’informazione” che oggi ha dilatato a dismisura i suoi confini con internet facendo, in pratica, illudere tanti milioni di persone di poter scimmiottare il mestiere di giornalista trasformandosi, come d’incanto, in giornalisti anch’essi. Ma il ventre molle è soltanto una delle due facce della stessa medaglia, e se per i giornalisti si può parlare di “coscienza calpestata”, non sono molti quelli che gridano allo scandaloso e doloso comportamento di chi la notizia la fornisce in barba a qualsiasi tipo di coscienza. Ciò che è accaduto in queste ore a Sassano accade, comunque, in tutti i posti in cui si verificano queste immani disgrazie e le reazioni sono sempre le stesse con varie opinioni ma tutte contro il giornalismo. Atteggiamenti che senza tema definisco qualunquisti; è un modo come scrollarsi facilmente di dosso le responsabilità che ognuno di noi ha nei vari momenti dell’utilizzo di un’autovettura ovvero anche di quando siamo semplici pedoni; insomma si passa da un estremo all’altro senza volerlo e senza rendersene conto. Ecco perche parlo di qualunquismo, il termine utilizzato non deve apparire offensivo per nessuno. Ma l’attacco brutale, sempre e soltanto contro il giornalismo, non mi piace; certo, sicuramente i giornalisti hanno molte colpe ma non sono i soli responsabili del degrado dell’informazione. Bisognerebbe chiedersi, ad esempio, perché i grandi net-work e le grandi testate insistono quotidianamente con i programmi di “cronaca nera” in maniera spietata e senza scrupoli; la ragione sta nel fatto che quella cronaca piace a milioni di persone. In sede locale, però, tutti pronti ad appoggiare le tesi di Tommaso Pellegrino, o di tutti quelli (giornalisti compresi !!) che hanno commentato il filmato in questione. Il sindaco Pellegrino (dal quale vorrei sapere qual è il significato di “ispirarsi ai principi della libertà d’informazione e di opinione”) fa il suo mestiere dichiarando su FaceBook cose molto condivisibili con le quali, credo, cerca di aprire un dibattito sulla qualità del giornalismo di oggi; ma sbaglia quando si ferma soltanto a bacchettare “noi poveri cristi” ed a non aprire anche un dibattito sull’altro versante del problema, cioè su chi fornisce le notizie ai giornalisti che poi, ovviamente, le pubblicano con la maggior fretta possibile pur di non arrivare secondi; e questo non è buon giornalismo. Cercherò di scandagliare meglio le due facce della medaglia per cercare anche io di dare, con grande umiltà, un possibile contributo al dibattito che dovrebbe scaturire naturale dopo le parole di Tommaso Pellegrino, non quelle assai giuste che inducono al rispetto del dolore dei familiari delle vittime, ma quelle con cui dice: “Come amministrazione comunale abbiamo fatto la scelta di mettere a disposizione le immagini della strage solo alla Procura”, parole durissime come pietra che riguardano l’altra faccia della medaglia ovvero la responsabilità di chi ha tradito la nobile scelta del Comune ed ha sfilato le cosiddette “veline” in favore di questo o di quel giornalista con la sicurezza che quest’ultimo, nella veste ormai consueta di “manutengolo del potere”, avrebbe eseguito alla perfezione l’imput impartitogli, pena la brusca chiusura della somministrazione di notizie. Purtroppo la grandissima maggioranza di giornalisti arriva a fare questo che è considerato “il più bel mestiere del mondo” passando solo ed esclusivamente attraverso il filtro “dei contatti e degli sponsor” (dice benissimo Michele Cavallone nel suo commento su FB); nelle redazioni non si guarda più a come il giovane scrive ma gli si chiede quali contatti ha; tantissimi non hanno scelta, perché se vogliono sopravvivere nel contorto e perverso mondo dell’informazione devono adeguarsi al sistema e non potranno mai sognare il “premio Pulitzer”. Non me ne voglia Erminio Cioffi ma io immagino il giornalista come colui che non deve mai pensare di “essere stato fregato” oppure “di essere felice per aver bucato una notizia”; così si va fuori strada. Per quanto mi riguarda il giornalista deve fare il giornalista e deve cercare di conquistare quegli spazi di nicchia attraverso i quali esercitare il mestiere che da più parti, soprattutto in passato, è stato definito il “quarto potere”; ma se un giorno si plaude all’ingeneroso attacco generalizzato contro i giornalisti (caso strage Sassano) e l’altro ci si rizela per l’attacco ad personam (vicenda Pocket Money) davvero non si va da nessuna parte. Se infine lo si fa per una pizza e una birra, come spesso dice il governatore De Luca rivolto ai giornalisti salernitani, non vedo la necessità di farlo; è meglio cambiare mestiere anche perché nella stragrande maggioranza dei casi non dà da vivere. Questo per quanto riguarda la prima faccia della medaglia. La seconda è la più brutta in assoluto perché riguarda tutti coloro i quali intercettano e fanno viaggiare le veline per tanti motivi, per sentirsi importanti e/o per farsi pagare. E’ vero che le Procure hanno le mani bucate e che i segreti istruttori sono come quelli di Pulcinella (con tutto il rispetto per quest’ultimo !!), ma è altrettanto vero che le Procure, le Forze dell’ordine, il personale amministrativo dei tribunali e gli avvocati, fanno a gara per produrre veline in una squallida rappresentazione di promesse, di suggerimenti, di ricatti piccoli e grossi pur di esercitare in pieno il loro potere. Un problema quasi irrisolvibile perché non c’è volontà politica di farlo; ed anche la politica che spesso strumentalizza i giornalisti è subito pronta a bacchettarli (nessuna allusione a Tommaso Pellegrino !!) pur di far capire che il gioco è governato sempre e solo dal loro potere. Ecco perché a monte di tutto bisogna fare una scelta precisa quando ci si avvia per gli irti sentieri del giornalismo; bisogna decidere se mischiarsi nel sottobosco della “cronaca di veline” oppure dedicarsi un po’ di più al “giornalismo d’inchiesta” che, nel tempo di internet, è difficile e non paga; non si può essere amici oggi del potere (e le Procure, gli inquirenti, gli avvocati, hanno tantissimo potere da vendere !!) e godere dei privilegi concessi e domani metterlo al bando o semmai offendersi perché si viene criticati e liquidati per sempre. Trovatemi ad esempio un giornale o una tv locale che abbia ripreso e bacchettato quell’ufficiale dei Carabinieri che in piena tragedia, davanti a tutti, gridò che “li conosciamo e li prenderemo tutti quelli che corrono qui a Sassano”; sceneggiate all’italiana che non hanno né sale e né pepe, tanto è vero che non hanno preso nessuno e che sempre a Sassano ci sono ancora due-tre autovetture che fanno pazzie anche peggiori rispetto a quella della strage e che continuano a percorrere al contrario quella maledetta rotonda. Dico tutto questo perché sperimento giorno dopo giorno sulla mia pelle le difficoltà nel tentare di fare “informazione d’inchiesta” anziché “informazione velinata”. Ma è quest’ultima che, comunque, paga in termini di ascolto, di lettura e di migliaia di contatti; tutte cose che finiscono per influire sulle scelte delle linee editoriali di disattenti, improvvisati e impreparati investitori. Ma in fin dei conti siamo un po’ tutti camaleonti ed amiamo uniformarci ed appiattirci al sistema e con esso mutare pelle, siamo italiani. La mia non è una difesa d’ufficio di una categoria, non ho le capacità per farlo e nessuno me lo ha chiesto; ho espresso soltanto il mio pensiero libero da condizionamenti affinchè tanti bravissimi giovani non vengano sacrificati sull’altare di qualche sponsor ed esposti al “pubblico ludibrio” da parte degli sciacalli del “mondo del web”, un mondo che andrebbe velocemente e radicalmente regolamentato. Prima di chiudere questo pezzo ho ritenuto doveroso andare a vedere le immagini tanto contestate ma alle quali qualcuno ha ritenuto giusto attaccare la pubblicità prima e dopo per ben 31 secondi. Assolutamente vergognoso.

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