Di Michele Ingenito
SALERNO – Vuoi vedere che, alla fine, il tornado-De Luca si abbatterà in cima al PD? Per capirlo, bisogna ragionare con la sua testa. Finora, dai colpi da lui politicamente ricevuti, sono corrisposti puntualmente contraccolpi ancora più duri. E gli è andata sempre bene nello scalo della vetta. A partire dal 1993, quando scarica il tris d’assi socialista Giordano, Sullutrone e soprattutto Conte, per mettersi in proprio con la benedizione targata PCI e, in particolare, quella popolare.
Da allora un crescendo di successi personali, grazie proprio, paradossalmente, all’eredità politico-amministrativa sapientemente curata da Carmelo Conte in virtù dei propri rapporti personali con Bettino Craxi (leggi finanziamenti pubblici da brividi per Salerno e provincia) e naufragata nella successiva gestione tra le rovine di Tangentopoli. A tutto vantaggio del piccolo lucano comunista fino all’osso.
La giustizia locale sembra essergli stata sempre vicina, bisogna ammetterlo. Le origini ideologiche comuniste con certa magistratura ideologicamente impegnata nella condivisione di una comune scuola di pensiero legata al ’68 deve avere fatto il resto.
Sentendosi tranquillo e navigando tra quelle sponde ben protette, il vulcanico Vincenzo ha saputo gestirsi più che bene tra quel suo populismo benevolo nei confronti di certe periferie urbane poco immacolate, una borghesia soprattutto proletaria nelle origini, un clero capace di accontentarsi delle forme di cui il sindaco padre-padrone della città ha saputo fare buon uso.
E, quando sono cominciati a crescere i cosiddetti ‘mostri’ panoramici di cemento sul lungomare e la guerra è cominciata con chi in città la pensava diversamente, lui ha proseguito imperterrito, incrementando simpatie popolari e potere politico alla faccia, a suo dire concettualmente, dei, politicamente e amministrativamente parlando, diversamente abili.
Tanto, il lucano dalla faccia tosta e dal sorriso sconosciuto (tranne che tra le pareti domestiche o tra chi lo conosce bene) non aveva nulla da perdere, se non giocando di rimessa e a muso duro. Una strategia vincente che, piano piano, poco a poco, ha allargato le maglie del consenso prima locale e poi nazionale, facendo sì che su di lui e sulla sua azione politica e amministrativa si accendessero i fari della curiosità, prima, e dell’attenzione, poi, dell’intero Paese.
Esempi. La magistratura lo sospende? Il TAR lo rimette in carica. La magistratura rimette tutto al giudice ordinario? Lui risponde con i voti a valanga (o quasi) e scatta sulla poltrona di neo Governatore della Campania. La Bindi lo diffama e lo bidona (a suo dire) alla vigilia elettorale? Lui la querela. E così via. Il carro armato con alla guida il minuscolo soldato sperona, così, fino a sfondarli, mari e monti mentre il consenso arriva alle stelle.
Fino a quando lo stesso Renzi, che lo aveva sistematicamente snobbato, preso dal terrore di qualche flop elettorale, si china e si inchina al proprio alfiere scomodandosi fino a Salerno.
Ma proprio ora, visti soprattutto i risultati, la partita si fa dura. A cominciare dallo stesso Renzi. Infatti, che De Luca si insedi o non si insedi sulla poltrona di Governatore della Campania, che faccia in tempo o meno a nominare un suo delfino (SPERIAMO LIMPIDO CHE PIU’ LIMPIDO NON SI PUO’) di cui ancora non si conosce il nome, comunque vada, insomma, il Caimano bianchiniano continua a piazzarsi sulla rampa di lancio. E, questa volta, su quella nazionale. Pronto a sfruttare le sbandate pericolose della nave-PD, scarrozzata dall’interno tra le forze di sinistra e del dissenso a più nomi altisonanti (Bersani, Bindi, Civati, Cuperlo, D’Alema, D’Attorre, Fassina, Letta, Epifani, Speranza). Per non parlare di SEL e Nichi Vendola e di tutte le altre correnti e controcorrenti interne a quella opposizione, non disposte a scendere a compromessi con l’attuale leader molto snob e poco compagno.
Non a caso Renzi se l’è ‘svignata’ alla resa dei conti elettorali, volando oltreconfine. In realtà il PD si spacca per le seguenti ragioni.
Primo, trattasi di una congregazione di interessi politici e non di ideologia: vecchia DC e vecchio PC confluiti a suo tempo su un’unica spiaggia per contrastare il centrodestra berlusconiano. A parte questo, tra i “Peppone” e i “Don Camillo” di oggi l’intesa c’è stata, tutto al più, sulle poltrone da condividere, non sull’ideologia. E, quindi, la differenza resterà sempre, in mancanza di garanzie ideali e ideologiche profonde.
Secondo, la sinistra interna al PD ha sempre espresso una linea di opposizione e, quindi, le forze contrapposte diventano tre: ex-DC (di sinistra), ex-PCI e Opposizione interna ispirata dai rispettivi fronti. Con il rischio sempre più concreto di una scissione questa volta ufficiale e definitiva.
Ma, ed è questo il punto a favore di De Luca, più ‘ammuina’ si fa, come dicono a Napoli e dintorni, più ci guadagna l’ariete dalle corna-DOC. E chi, se non Vincenzo De Luca, che continua a dimostrare quanto sia coriacea la sua battaglia su più fronti, fosse anche contro il proprio partito? Lo dimostra la querela contro Rosy Bindi a seguito della pubblicazione all’ultim’ora del suo nome tra gli impresentabili alle elezioni.
Certo, sul piano squisitamente sportivo, De Luca ha ragioni da vendere. Non si fischia un rigore dubbio all’ultimo secondo contro la squadra che lotta per la salvezza o sta per vincere il campionato. Né si querela, per contro, l’arbitro per l’eventuale errore commesso nell’esercizio delle proprie funzioni. Pari e patta, quindi, tra il Caimano salernitano e la toscanaccia invisa a molti? Neanche per sogno! Quale occasione migliore per fare altra ‘ammuina’ e rimanere, così, sulla cresta dell’onda mediatica? Là dove crescono i consensi? Detto fatto!
De Luca azzanna la preda-Bindi in nome dell’ennesima sceneggiata porta-consensi, scalando altri vertici nell’opinione pubblica e di potere nazionali in genere, consacrato dall’apertura delle prime pagine di tutti i quotidiani più importanti, così come di tutti i telegiornali, TALK SHOW mattutini, pomeridiani e serali. Più personaggio di così si muore!
Vincente o meno, al momento il Caimano lucano dimostra di sapere scegliere la strategia giusta al momento giusto, infischiandosene dei rischi e avendo dalla sua i fatti che continuano a dargli ragione. Un Masaniello moderno? Troppo riduttivo. Ma, nello spirito e nel folclore di un tempo antico, quel ritorno di immagine non sarebbe da scartare!
Il consenso continua a crescere intorno a lui, nonostante gli sfottò anche pesanti di chi la satira la sa fare eccome: Maurizio Crozza e soci TV e della carta stampata.
Cosa intendiamo dire. Che, tornando con i piedi per terra dal “Paese delle Meraviglie” di ieri, l’attuale momento storico-politico nazionale colloca al centro della propria attenzione il Sindaco salernitano per eccellenza, ora Governatore della Campania.
Ne ha fatta di strada il piccolo ‘ammuinatore’ di Via Manzo quando, giovane ventenne o poco più, incollava i manifesti del PCI, anche a suon di pugni se necessario con la concorrenza. Per quell’essere comunista fino all’osso e che da sempre gli si riverbera dentro tranne, forse, che nelle forme più prudenti di una gestione del potere comunque estesa, un pò a modo suo, ai più deboli ed indifesi, così come, incoerentemente in verità, alle tante caste profittatrici e meno nobili di ben diverso pensiero politico rispetto al suo.
Ieri mattina, sul TALK SHOW del TG3, qualcuno si chiedeva: “PER CHI SUONA LA CAMPANIA?” Nelle urne ha suonato per De Luca, nel partito rischia di ‘suonare’ per Renzi. Si vedrà a breve come andrà a finire il faccia a faccia dentro il PD. I segnali premonitori di una resa dei conti interna ci sono tutti. Magari facendo i salti mortali per bluffare sulla verità.
Nessuno o pochi, infatti, avranno interesse ad urlare che la metà del Paese ha snobbato le urne. Giustamente aggiungiamo noi. Quale risposta migliore, infatti, al disinteresse popolare per la nostra classe dirigente politica, agli infiniti e disgustosi esempi di profitto economico derivante alla casta una volta eletta, quale sdegnato voltafaccia di mezza Italia a chi dovrebbe preoccuparsi e non poco per rimettere in sesto l’idea, almeno, che la democrazia non sia del tutto perduta!
Se a tutto questo aggiungiamo il successo del “Movimento 5 Stelle” di Peppe Grillo, di quei meravigliosi ragazzi alla Di Maio dal volto pulito, dalle idee chiare, dall’idealismo che solo in giovane età è concesso e, perciò, credibile, messo in pratica, peraltro, concretamente a loro stesso carico, a PD e soci della attuale mappa politica italiana è andata fin troppo bene.
Renzi, che si è dovuto inchinare a De Luca a Salerno per sostenerlo pur sapendo della sua Renzi, che si è dovuto inchinare a De Luca a Salerno per sostenerlo pur sapendo della sua impresentabilità a venire da lì a breve, ha fatto flop. O, meglio, nello stendere ai piedi del futuro Governatore campano il tappeto percorso fino a Palazzo Santa Lucia, lo ha potenzialmente prolungato, se non fino a Palazzo Chigi, certamente fino alle sede nazionale del partito. Là dove si decideranno le sorti future del PD e, chissà, del nuovo segretario nazionale
Perché c’è da giurarci per chi conosce bene il Caimano che l’appetito vien mangiando. E, dalle ‘ammuine’ interne al PD che certamente verranno, un pensierino a trarne vantaggio per una puntata a quel massimo traguardo interno Vincenzino De Luca, detto il Caimano, come ama definirlo il direttore di questo giornale, suo conterraneo e coerente avversario, lo starà certamente già facendo.