Aldo Bianchini
SALERNO – Salerno è la mamma di tutte le contraddizioni, insomma questa Città bella e maledetta ha visto proprio di tutto ed ha sopportato tutto con negligente tolleranza. Per non andare molto indietro nel passato basta ricordare il funerale per i quattro sfortunati ragazzi arsi vivi nel rogo del treno dei tifosi, ebbene a quei solenni funerali nel Duomo di Salerno erano presenti in prima fila anche i fautori abituali dei disordini allo stadio, gli organizzatori del tifo pericoloso e i sostenitori delle vere e proprie scuole di teppismo sportivo occulto dentro e fuori l’Arechi. Salerno attonita ha fatto finta di non vedere gli inchini della statue al seguito di San Matto dinanzi le case dei boss. Salerno ha assistito a funerali per riconosciuti boss e criminali incalliti scortati fino in chiesa e poi al cimitero con sfilate di motociclette e con ragazzi e ragazze senza caso, quasi come una sfida (scrive Petronilla Carillo su Il Mattino del 13 maggio scorso) contro l’autorità costituita e, in definitiva, contro noi tutti cittadini onesti, indifesi, forse impauriti, comunque sbalorditi spettatori. Tutte scene già viste, tutte sensazioni già vissute, il funerale dei due morti ammazzati di Ogliara, Antonio Procida e Angelo Rinaldi, non ha evidenziato nulla di nuovo: motociclette di scorta, palloncini verso il cielo, applausi scroscianti, giravolta delle bare, grida di dolore (assolutamente da rispettare !!) e messaggi di solidarietà per i figli e per i parenti degli ammazzati; e le forze dell’ordine, come in tante altre occasioni, a sorvegliare con riserbo e a distanza perché probabilmente tutto quello che è accaduto è giusto che accada, anzi è perfettamente lecito al di là dell’etica infranta. Se così non fosse ci troveremmo di fronte ad una ingiustificabile debolezza dello Stato. Insomma Salerno, come ho detto, ha visto tutto e il contrario di tutto, ma una cosa certamente non l’ha mai vista e non avrebbe mai pensato che questa cosa, anzi due, potesse essere messa in atto da un sacerdote che oltretutto è anche “cappellano della polizia di stato”. Parlo di “don Giuseppe Greco”, il parroco di Ogliara, che opera certamente in una zona di periferia che, però, non può essere scambiata per un covo di delinquenti perché è abitata anche da tantissima gente onesta e perbene. Innanzitutto più di qualcuno non riesce a spiegarsi perché don Giuseppe ha disposto, stravolgendo tutte le regole della chiesa, che le campane di Ogliara suonassero a morte per oltre un’ora, cosa incredibile ma vera. Una cosa che avrebbe allertato anche la Questura che avrebbe contattato telefonicamente la Curia per evidenziare l’accaduto. Ma c’è di più; in maniera inverosimile il parroco avrebbe pronunciato nell’omelia anche le seguenti frasi: “Un sacrificio, quello di Antonio e di Angelo, fatto per l’intera comunità, per dare a tutti la speranza di un futuro diverso e migliore: quello che loro volevano per i loro figli” (fonte Il Mattino). Un concetto nobilissimo, quello di don Giuseppe, che però stando alle cronache giornalistiche non si attaglia alla perfezione con i defunti che doveva soltanto ricordare nella comprensione cristiana e nella carità umana. Credo che “sacrificarsi per la comunità” sia davvero un’altra cosa rispetto al “sacrificio” di Angelo e Antonio, così come credo che un sacerdote non debba mai allontanarsi da quella che è la sua missione sociale in terra. Sicuramente don Giuseppe, quando si è impegnato nella commovente omelia, aveva dimenticato che “davanti a quella stessa chiesa, a fine aprile, un altro uomo fu gambizzato e che i responsabili sono stati coperti proprio dal quartiere”; capisco le difficoltà di operare in un contesto sociale che le forze dell’ordine (non io !!) definiscono a rischio, ma non è accettabile mischiare fischi con fiaschi. Anche perché il “buon parroco” di Ogliara corre un serio rischio, quello di dover far suonare le campane per un’intera giornata per il prossimo morto che non ha neppure un precedente penale a suo carico. Una certa differenza, anche se piccola di fronte alla morte, deve comunque pur esserci altrimenti, se cediamo anche su questo, vorrà dire che abbiamo tutti perso la battaglia di moralizzazione e di legalità che, forse, l’incauto sacerdote ha messo alla base della sua aziona pastorale. Il caso ora è, giustamente, nella mani della Curia e per essa dell’arcivescovo S.E. Mons. Luigi Moretti, sperando che il parroco di Ogliara non faccia parte dell’associazione che da tempo condiziona la Chiesa salernitana, mentre si avvicina al galoppo la nuova processione di San Matteo.
direttore: Aldo Bianchini
Condivido pienamente.
Antony