CAVA de’ TIRRENI – Venerdì 17 aprile alle ore 18, presso la Sala di Rappresentanza del Palazzo di Città di Cava de’ Tirreni, sarà presentata la ristampa anastatica del libro Carlo Filangieri, scritto nel 1876 dal Marchese Pietro Calà Ulloa.
Dopo i saluti del Sindaco di Cava de’ Tirreni, Marco Galdi, della Vice Portavoce dell’Associazione Polis sez. Cava de’ Tirreni – Salerno, Anna Casaburi, e del Parroco di Passiano, don Vincenzo D’Amico, relazioneranno: i prof. Emilio Gin (ricercatore di Storia contemporanea dell’Università di Salerno) e Giuseppe Foscari (docente universitario di Storia Moderna presso l’Università di Salerno), Giuseppe Catenacci (Presidente dell’Associazione ex alunni della Nunziatella) e Vincenzo D’Amico, editore dell’opera. Modererà Antonio Di Martino.
L’opera, arricchita dalla prefazione di Giuseppe Catenacci e di Francesco Maurizio Di Giovine, è la biografia di Carlo Filangieri, cavese di origine, prestigioso generale dell’Ottocento Napoletano, figlio del grande filosofo Gaetano.
Notevole l’appendice fotografica e documentaria, in cui spiccano, oltre a cartoline d’epoca (con immagini di Palazzo Carraturo, dove Gaetano Filangieri scrisse La Scienza della Legislazione), alcuni documenti inediti come il certificato di battesimo di Carlo, una lettera che il generale scrisse in francese a Pietro Quandel, il frontespizio della Scienza della legislazione, con la dedica autografa.
Carlo Filangieri, figlio del celeberrimo filosofo Gaetano e di Carolina Frendel, ungherese, educatrice della Principessa Luisa Maria, figlia di Ferdinando IV, nacque nella città metelliana il 10 maggio del 1784.
Orfano in tenera età, nel 1799, il giovane Carlo, impossibilitato a raggiungere lo zio Antonio in Spagna in seguito alle turbolenze napoletane di quel periodo, a Milano entrò in contatto con l’esercito francese.
In Francia, fu accolto da Napoleone che lo iscrisse al Prytanée, la prestigiosa accademia militare parigina. Combatté nell’esercito imperiale (anche nella storica battaglia di Austerlitz), distinguendosi per il suo valore, fino a quando non fu cacciato dall’Imperatore, che lo definì una “testa di Vesuvio”, per aver sfidato a duello e ucciso un generale còrso, che aveva insultato l’onore militare dei napoletani.
Nel volume biografico, Pietro Ulloa ripercorre la lunga carriera militare del generale Filangieri, prima nell’esercito murattiano, poi in quello borbonico.
Durante il regno di Ferdinando II riordinò l’esercito e nel 1848-49 riconquistò la Sicilia, che si era dichiarata indipendente da Napoli. Per alcuni anni fu luogotenente dell’isola. Ricevette dal Re il titolo di duca di Taormina, mentre precedentemente aveva ereditato il titolo di principe di Satriano.
Pur essendo stato anche imprenditore (proprietario di una ferriera sul Calore e di una filanda a Sarno), nella memoria storica egli è rimasto soprattutto come generale di alto profilo. Il brillante giornalista Ansaldo lo definì “il solo grande soldato, la sola testa politica del regime borbonico nell’Ottocento”, mentre Roberto Selvaggi, nella sua monumentale opera “Volti e nomi di un esercito dimenticato”, lo considera il generale napoletano di gran lunga più preparato, colto e intelligente; a suo dire l’unico che avrebbe potuto salvare il Regno di Napoli dalla catastrofe, se fosse stato più giovane e soprattutto se il Re non fosse stato così restio ad affidargli l’impresa.
Morì a San Giorgio a Cremano il 9 ottobre del 1967, nel nuovo stato unitario al quale, grazie al suo senso dello Stato, egli non rifiutò collaborazione ed accoglienza.