Filippo Ispirato
Alcuni giorni fa si è tenuta la periodica riunione della banca centrale statunitense a Washington, dove si sono tirate le linee guida per l’anno in corso.
La Federal Reserve ha aperto la strada negli ultimi mesi ad un primo rialzo dei tassi nei prossimi mesi, segnalando tuttavia molta cautela e gradualismo, onde evitare di arrestare la fase di ripresa dell’economia a stelle e strisce.
La Fed ha tenuto a precisare nella sua ultima riunione che non vi è fretta di alzare i tassi in quanto il loro ufficio studi ha ridotto le stime di crescita e del tasso di inflazione per il biennio 2015- 2017 in quanto nella consueta revisione trimestrale dello scenario economico, il suo ufficio studi ha rivisto moderatamente al ribasso le stime di crescita del PIL (comprese tra 2.3% e 2.7% nel 2015-2016 per decelerare successivamente nel corso del 2017). La stima di “lungo termine”, una volta raggiunto il pieno utilizzo delle risorse, è ferma a valori compresi tra 2% e 2.3%.
Benchè il ridimensionamento delle previsioni di crescita sia stato ridimensionato ciò non significa che la banca centrale americana abbia deciso di bloccare i primi rialzi dei tassi; l’avvio della sua strategia di politica monetaria restrittiva sembra rinviato alla seconda metà dell’anno, con due primi rialzi di 0,25 presumibilmente a settembre e dicembre; un rialzo a giugno sarebbe difficile da ipotizzare, in quanto richiederebbe un’apprezzabile accelerazione dei dati economici.
La politica monetaria degli Stati Uniti sarà sempre più legata all’evoluzione dei dati macroeconomici, in particolare all’andamento dell’inflazione e del mercato del lavoro; in particolare, secondo il governatore della Fed Janet Yellen, il tasso di inflazione dovrebbe mirare al target del 2% su base annua, onde consentire dei margini di manovra per una politica di rialzo dei tassi più sostenuta.
Nel breve il rinvio alla seconda metà del 2015 del rialzo dei tassi ufficiali USA potrebbe, inoltre, frenare il rialzo del dollaro che negli ultimi sei mesi si è apprezzato di circa il 20% rispetto all’euro, che sta aiutando in questo periodo l’export europeo.
In Europa? Nel vecchio continente, visto il quadro economico generale non ottimale, la Banca Centrale Europea con il presidente Mario Draghi prosegue fermamente, anche attraverso iniezioni di liquidità sul sistema attraverso il quantitative easing, sulla strada dell’espansione monetaria almeno fino al Settembre del 2016.