ROMA – Papa Francesco nell’omelia di oggi a Casa Santa Marta, prendendo spunto dalla prima Lettura (Dn 3, 25. 34-45), ha affermato che chiedere perdono non significa semplicemente chiedere scusa: è possibile chiedere e ricevere il perdono solamente se a nostra volta abbiamo perdonato coloro che hanno commesso dei torti contro di noi.
La premessa della riflessione del Santo Padre è che “il peccato non è un semplice sbaglio“. Sbagliare e peccare sono due cose differenti: uno sbaglio è un errore mentre il peccato è un atto di idolatria. “Il peccato è adorare l’idolo – ha ribadito il Vescovo di Roma – l’idolo dell’orgoglio, della vanità, del denaro, del me stesso, del benessere“.
Di fronte dunque ad un atto di idolatria, cioè un peccato, quale è l’azione che viene richiesta all’uomo? Il cammino è lo stesso percorso da Azaria nella prima Lettura, ovvero riconoscere i propri errori e pentirsi. Va prestato attenzione, però, al fatto che “Azaria non chiede scusa: chiede perdono“.
È Gesù stesso che nella preghiera al Padre ci insegna «Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori». Risulta chiaro dunque che “se io non sono capace di perdonare, non sono capace di chiedere perdono“.
È dunque corretto, prima di confessarsi non solo pensare alle proprie mancanze, chiedere perdono al Signore e promettere di non cadere nuovamente in quelle tentazioni, ma è necessario perdonare “quelli che ti hanno fatto del male“.
“Questo è il discorso che Gesù ci insegna sul perdono. Primo: chiedere perdono non è un semplice chiedere scusa, è essere consapevoli del peccato, dell’idolatria che io ho fatto, delle tante idolatrie. – ha quindi concluso Papa Francesco – Secondo: Dio sempre perdona, sempre. Ma chiede che io perdoni. Se io non perdono, in un certo senso chiudo la porta al perdono di Dio. ‘Rimetti i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori’“.