BIMALTEX: un caso giudiziario inquietante !!

 

Aldo Bianchini

ROMA – La notizia, questa volta, arriva direttamente da Tribunale di Salerno e riguarda, guarda caso, uno degli aspetti più inquietanti dell’intera vicenda; proprio mentre la suprema Corte di Cassazione confermava in pieno la sentenza d’appello e determinava (con il passato in giudicato) la carcerazione dell’unico responsabile della tragedia, quel Biagio Maceri che all’indomani della sentenza romana per qualche tempo si è dato alla latitanza mettendo nei guai chi lo ha protetto ed ospitato. Alla fine Maceri si è costituito ed attualmente è ristretto nelle patrie galere per scontare la sua pena prevista in otto anni di reclusione, salvo futuri prevedibili sconti. Per i lettori che hanno seguito con più attenzione i numerosi articoli che ho scritto sulla tragica fine che hanno fatto le due donne-operaie nell’incendio del materassificio di Biagio Maceri nel comune di Montesano sulla Marcellana il 5 luglio 2006 sarà più facile ricollegarsi al “casus belli” cioè alla notizia proveniente dal Tribunale di Salerno; per gli altri la riassumo brevemente. Dunque, prima del tragico incendio, verso la fine del 2005 due operaie dello stesso materassificio (all’interno del quale Annamaria Mercadante e Giovanna Curcio trovarono la morte) che erano state licenziate brutalmente presentarono (grazie all’opera certosina del loro difensore avv. Renivaldo La Greca) all’ex UPLMO (ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione) un esposto-denuncia al fine di ottenere dal Maceri tutti i diritti economici e contributivi che il datore di lavoro non aveva soddisfatto. Anna Elisa Pepe e Lady Mary Cristian De Masi, queste le generalità delle due lavoratrici licenziate, nell’esposto misero in grossa evidenza anche le carenze strutturali del laboratorio e l’assoluta mancanza di qualsiasi presidio antinfortunistico. La pratica fu assegnata ad un’apposita commissione e fu convocato Biagio Maceri che non si presentò e la pratica venne frettolosamente archiviata. Così accade praticamente sempre perché per gli aspetti economico-retributivi il lavoratore deve sempre adire le vie giudiziarie e per farlo occorre appunto il documento della conciliazione ovvero della tentata conciliazione; solo che in questo caso sarebbe stato sufficiente leggere l’intero esposto per capire che in esso erano contenute precise denunce attinenti la carenza di presidi antinfortunistici e che sarebbe stato necessario l’invio della pratica all’Ispettorato del Lavoro per la parte di sua competenza e per la verifica delle misure di sicurezza non messe in atto nel laboratorio. Quindi, per la cronaca, otto mesi prima dell’incendio lo Stato poteva intervenire e non lo fece per una inquietante dimenticanza dei suoi organi periferici. Circa un anno dopo l’incendio venni in possesso di tutta la documentazione ufficiale comprovante quella fatale negligenza. Feci un’ampia e illustrativa relazione dei fatti e la consegnai (in allegato a tutti i documenti di cui ero venuto in possesso) all’allora presidente del tribunale di Sala Consilina dr. Luciano Santoro. Della cosa non ne seppi e non si seppe più nulla; anzi più volte nel corso di questi anni ho scritto vari articoli per capire quale fine avesse fatto la mia relazione-denuncia. La sorpresa è arrivata qualche giorno fa dal Tribunale di Salerno presso cui era stato attivato un regolare fascicolo d’indagine a carico proprio di quell’ufficio facente parte della Direzione provinciale del Lavoro (ex UPLMO). Cosa era accaduto: l’avv. La Greca dopo il deposito della mia relazione in Tribunale a Sala aveva regolarmente segnalato la presenza di quel fascicolo che nel frattempo l’allora presidente Santoro aveva trasmesso in Procura che, a sua volta, per competenza aveva rimesso il tutto alla Procura di Salerno in quanto l’eventuale reato si era consumato a Salerno. La Procura di Salerno avviò le indagini e decise di archiviare, in periodo estivo, il caso senza darne avviso alla parte ricorrente, cioè all’avv. Renivaldo La Greca che rappresentava la parte civile. Al di là delle riserve per la mancata notifica del provvedimento alla parte civile, ciò che più impressiona è il fatto che, secondo il pm e il gip di Salerno, nella fattispecie non ci sarebbe stato un preciso interesse della pubblica amministrazione a danneggiare, in pratica, se stessa e che le aspettative della parte civile non erano ricomprendibili in quegli interessi che possono determinare l’attivazione di una procedura dibattimentale a carico di una parte della stessa pubblica amministrazione. In pratica, secondo i giudici di Salerno, alla parte civile, cioè alle vittime, poco poteva interessare l’eventuale riconoscimento di una parte di responsabilità della Commissione del Lavoro che non avrebbe smosso di una virgola le responsabilità precise ed inoppugnabili a carico del datore di lavoro Biagio Maceri; perché se la parte civile avesse voluto poteva benissimo far presentare dalle due lavoratrici-licenziate la stessa istanza direttamente all’Ispettorato del Lavoro. Che dire, quando la giustizia vuole fermarsi si ferma e non ci sono santi per smuoverla; e questo accade in un Paese cosiddetto civile dove chi dovrebbe porsi la domanda, “Se quella Commissione avesse segnalato il caso all’ispettorato forse Annamaria e Giovanna non sarebbero morte”, non se la pone affatto e che si sia preferito il rimbalzo di competenze per non andare a fondo con le indagini (anche da parte dell’ex Procura di Sala Consilina), tanto un colpevole era stato già individuato ed assicurato alla giustizia. Per questo continuerò a sostenere che Biagio Maceri non è il solo colpevole di quella tragedia, verosimilmente il maggior colpevole ma non l’unico colpevole.

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