Da Luca Roncolato
ROMA – La carità è stato il tema dominante dell’omelia di Papa Francesco in occasione del concistoro Ordinario Pubblico per la creazione di nuovi Cardinali e per alcune cause di canonizzazione: il Santo Padre, che ha consegnato l’anello cardinalizio e la berretta a 20 nuovi cardinali, ha ricordato loro che il titolo di cardinale non è una “onorificenza” bensì un servizio che “proviene dalla carità, deve esercitarsi nella carità e ha come fine la carità“.
Lasciandosi guidare dalle parole dell’inno alla carità della Prima Lettera di san Paolo ai Corinzi, Bergoglio ha delineato una ad una tutte le caratteristiche della carità e come queste, poi, si traducano in linee guida per il ministero dei nuovi cardinali.
“Anzitutto san Paolo ci dice che la carità è «magnanima» e «benevola».” – ha detto il Santo Padre ricordando che maggiore è il servizio che si presta nella Chiesa “tanto più deve allargarsi il cuore, dilatarsi secondo la misura del cuore di Cristo“. Il Cardinale deve essere in grado di “amare senza confini” e vivere focalizzato nei problemi concreti, “fedeli alle situazioni particolari e con gesti concreti“: in parole povere si tratta di “amare ciò che è grande senza trascurare ciò che è piccolo… Saper amare con gesti benevoli”.
È proprio la benevolenza, poi, che permette il “miracolo della carità“, come lo ha definito il Vescovo di Roma, ovvero il fatto che la carità «non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio»: tutti noi “per nostra natura ferita dal peccato“, “siamo inclinati all’invidia e all’orgoglio“. La carità è l’antidoto a questa inclinazione: grazie alla “forza divina della carità, che trasforma il cuore, così che non sei più tu che vivi, ma Cristo vive in te” è possibile contrastare l’inclinazione naturale all’invidia e all’orgoglio.
Ancora la carità «non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse» poiché la carità “ti pone nel vero centro che è solo Cristo“: “il “rispetto” è proprio la capacità di tenere conto dell’altro – ha infatti spiegato Francesco – di tenere conto della sua dignità, della sua condizione, dei suoi bisogni“. Invece chi mette al centro del proprio mondo se stesso “inevitabilmente il proprio interesse“, e anche qualora questi sia “ammantato di nobili rivestimenti” comunque persegue sempre “il proprio interesse“.
La carità, poi, ha continuato Bergoglio citando le parole di San Paolo, «non si adira, non tiene conto del male ricevuto». È questa una grande sfida, poiché “al pastore che vive a contatto con la gente non mancano le occasioni di arrabbiarsi. – ha precisato il Santo Padre – E forse ancora di più rischiamo di adirarci nei rapporti tra noi confratelli, perché in effetti noi siamo meno scusabili.” È la carità che, come abbiamo visto per invidia, vanagloria e orgoglio, permette di guarire da questa inclinazione naturale. La carità “ci libera dal pericolo di reagire impulsivamente, di dire e fare cose sbagliate; e soprattutto ci libera dal rischio mortale dell’ira trattenuta, “covata” dentro, che ti porta a tenere conto dei mali che ricevi” fatto questo che, ha spiegato il Papa senza mezzi termini, “non è accettabile nell’uomo di Chiesa. Se pure si può scusare un’arrabbiatura momentanea e che sbollisce subito, non altrettanto per il rancore. Dio ce ne scampi e liberi!“
La carità permette poi di essere giusti verso tutti, di non accettare qualsiasi tipo di ingiustizia “anche quella potesse essere vantaggiosa per lui o per la Chiesa” poiché, ricorda sempre Paolo, la carità «non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità».
Infine la carità «tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta». “Qui c’è, in quattro parole, un programma di vita spirituale e pastorale. – ha dunque concluso Papa Francesco – L’amore di Cristo, riversato nei nostri cuori dallo Spirito Santo, ci permette di vivere così, di essere così: persone capaci di perdonare sempre; di dare sempre fiducia, perché piene di fede in Dio; capaci di infondere sempre speranza, perché piene di speranza in Dio; persone che sanno sopportare con pazienza ogni situazione e ogni fratello e sorella, in unione con Gesù, che ha sopportato con amore il peso di tutti i nostri peccati“.