SALERNO – Nella lingua ebraica il termine “shoah” ha il significato di catastrofe; un termine che nella seconda metà del XX secolo è stato coniato per meglio spiegare lo sterminio di circa cinque-sei milioni di ebrei-europei da parte della Germania Nazista e dei suoi alleati. Difatti alcuni alleati (tra cui l’Italia) emanarono le brutte “leggi razziali” che seppure più dolci di quelle tedesche erano comunque molto offensive per il popolo ebreo. La shoah è stato il frutto di una campagna mediatica orchestrata dagli uomini più vicini ad Adolf Hitler per affermare la superiorità della “razza ariana” propria del popolo tedesco sulla “razza ebrea” che a cavallo della seconda rivoluzione industriale, tra il 19° e il 20° secolo, si era insediata in quasi tutti i maggiori Paesi europei occupando posizioni sociali e di potere di grande prestigio e privilegio. Per questa ragione, per combattere e annientare gli ebrei venne avviata la propaganda nazista molto ben orchestrata a livello internazionale dal 1939 in poi da Joseph Paul Goebbels (giornalista e ministro della propaganda) un uomo che lo stesso Hitler chiamava “Signor dottore” e che dimostrò la sua fedeltà al Fuhrer fino alla fine del “Terzo Reich”, così era definito il governo nazista che tra il 1933 e il 1945 portò avanti l’Olocausto, cioè lo sterminio pianificato degli ebrei-europei. Prima del 1939 la propaganda era stata voluta e organizzata, invece, dal ministro dell’interno. Sotto la direzione spietata di Goebbels molti capi nazisti riuscirono a mettersi in evidenza per la loro violenza fisica contro gli inermi ebrei, una violenza che andava di pari passo con il riconoscimento delle loro capacità da parte del grande capo. I responsabili della shoah furono preda di un fanatismo molto acceso ed arrivarono a ideare e costruire i famigerati “campi di concentramento” che soltanto sulla carta dovevano servire come prigione per i colpevoli di reati contro il governo nazista e poi per i prigionieri di guerra, ma che in realtà nascondevano al mondo una realtà ben diversa. All’interno dei campi di concentramento vennero attrezzate le camere a gas e i forni crematori; prima migliaia e poi milioni di ebrei furono ridotti in cenere per farli scomparire da qualsiasi possibile ritrovamento; non mancarono però le fucilazioni e i seppellimenti di massa. Ci furono anche molti sopravvissuti alla tragedia dei campi di concentramento; hanno raccontato tutto quello che accadeva in quelli che la storia ha poi chiamato “i campi di sterminio”. La storia personale che ha toccato le coscienze di tutto il mondo è certamente quella di Anna Frank, una ragazza di sedici anni, morta nel campo di Bergen-Belsen insieme alla sorella Margot per “tifo esantematico” tra privazioni, fame e disidratazione. Fece in tempo però a scrivere il famosissimo “diario” in cui descrisse tutte le fasi della sua deportazione, fino alla morte. Il diario di Anna Frank è stato ritrovato alcuni anni dopo e tradotto in tutte le lingue e distribuito in tutto il mondo, forse è il libro più venduto della storia. Tra il 1944 e il 1945 la ferocia e anche la pazzia dei nazisti toccò l’apice con la “soluzione finale” che prevedeva lo sterminio totale di tutti gli ebrei con tutti i mezzi possibili. Tutto questo accadeva senza che il Mondo se ne rendesse conto, neppure la Chiesa prese posizione contro lo sterminio, ma tutto venne scoperto e reso pubblico la mattina del 27 gennaio 1945 quando le truppe sovietiche, dirette verso Berlino, entrarono nella cittadina di Auschwitz ed aprirono i cancelli del campo di concentramento più conosciuto di tutti i tempi. L’Armata Rossa scoprì le odiose malefatte naziste e le denunciò a tutto il mondo. Ecco perché il giorno 27 gennaio di ogni anno, come oggi, viene destinato alla “Giornata della memoria” per non dimenticare tutti gli orrori che gli ebrei hanno dovuto subire da un’altra razza. In Italia la legge istitutiva della “giornata della memoria” arriva soltanto nel 2000, ben cinquantacinque anni dopo lo sterminio.
direttore: Aldo Bianchini