MANILA – “Ogni ministero pastorale nasce dall’amore” ha ripetuto più volte Papa Francesco iniziando la propria omelia nella Santa Messa con Vescovi, sacerdoti, religiose e religiosi filippini nella Cattedrale dell’Immacolata Concezione a Manila.
Così come disse Gesù a Pietro, anche Papa Francesco ha ripetuto «Mi ami? … Pasci i miei agnelli» (Gv 21,15.16) ricordando “una cosa essenziale: ogni ministero pastorale nasce dall’amore. Ogni vita consacrata è un segno dell’amore riconciliatore di Cristo. – ha detto – Come santa Teresa di Gesù Bambino, nella varietà delle nostre vocazioni, ognuno di noi è chiamato, in qualche modo, ad essere l’amore nel cuore della Chiesa“.
Nella prima Lettura del giorno (2 Cor 5,14), “san Paolo ci dice che l’amore che siamo chiamati a proclamare è un amore riconciliatore, che promana dal cuore del Salvatore crocifisso. Siamo chiamati ad essere «ambasciatori in nome di Cristo» (2 Cor 5,20). Il nostro è un ministero di riconciliazione“.
Ma cosa significa questo in concreto? “Essere ambasciatore di Cristo significa prima di tutto invitare ogni persona ad un rinnovato incontro con il Signore Gesù – ha risposto Papa Francesco citando la propria enciclica Evangelii gaudium – Il Vangelo chiama ogni singolo cristiano a vivere una vita onesta, integra e impegnata per il bene comune. Ma chiama anche le comunità cristiane a creare “circoli di onestà”, reti di solidarietà che possono estendersi nella società per trasformarla con la loro testimonianza profetica“.
Dal messaggio del Vangelo non possiamo togliere “i poveri: I poveri sono al centro del Vangelo, sono al cuore del Vangelo; se togliamo i poveri dal Vangelo non possiamo capire pienamente il messaggio di Gesù Cristo. – ha spiegato il Vescovo di Roma – Come ambasciatori di Cristo, noi, vescovi, sacerdoti e religiosi, dovremmo essere i primi ad accogliere la sua grazia riconciliatrice nei nostri cuori“.
Nuovamente Bergoglio ha chiesto cosa significhi tutto questo nella vita quotidiana e, rispondendo con le parole di San Paolo, ha spiegato che “significa rifiutare prospettive mondane, guardando ogni cosa di nuovo alla luce di Cristo. Ciò comporta che noi siamo i primi ad esaminare la nostra coscienza, a riconoscere i nostri fallimenti e cadute e ad imboccare la via della conversione continua, della conversione quotidiana“.
“Solo diventando noi stessi poveri, diventando noi stessi poveri, eliminando il nostro autocompiacimento, potremo identificarci con gli ultimi tra i nostri fratelli e sorelle. – ha quindi concluso Francesco – Vedremo le cose sotto una luce nuova e così potremo rispondere con onestà e integrità alla sfida di annunciare la radicalità del Vangelo in una società abituata all’esclusione, alla polarizzazione e alla scandalosa disuguaglianza“.
Infine, rivolgendosi ai “giovani sacerdoti e religiosi e ai seminaristi presenti” ha affidato loro una missione speciale: “siate vicini a quanti, vivendo in mezzo ad una società appesantita dalla povertà e dalla corruzione, sono scoraggiati, tentati di mollare tutto, di lasciare la scuola e di vivere per la strada. Proclamate la bellezza e la verità del matrimonio cristiano ad una società che è tentata da modi confusi di vedere la sessualità, il matrimonio e la famiglia. Come sapete queste realtà sono sempre più sotto l’attacco di forze potenti che minacciano di sfigurare il piano creativo di Dio e di tradire i veri valori che hanno ispirato e dato forma a quanto di bello c’è nella vostra cultura“