Antonio Citera
SALERNO – Le primarie della discordia, pochi le vogliono ma, nessuno vuole cedere a compromessi. Prima il 14 dicembre, poi l’11 gennaio e infine il primo febbraio. Per ben tre volte la dimensione democratica di un partito allo sbando è stata destabilizzata dalla furba strategia di chi le primarie non le vuole proprio. Eppure in passato questa manifestazione diretta è stata l’arma vincente di una compagine affogata nel correntismo puro. Quell’arma a doppio taglio diventata letale per il partito stesso. Troppi i presunti brogli che si sono avvicendati nel corso degli anni, troppi i nomi fittizi che sono stati scritti sui registri dei votanti, uno strumento per lo più usato per immobilizzare il potere rendendolo immune dagli attacchi di chi forse voleva governare nella trasparenza. Troppi scandali alla luce del sole, voti vaganti traghettati verso questo o quel personaggio politico, movimenti strani, al punto da far aprire un’inchiesta portata avanti dalla DDA di Salerno. Un fascicolo ancora aperto che, oltre alle presunte tessere false agglomera in se anche i presunti brogli sulle primarie del 2012 e del 2013 quando specialmente a Salerno e in provincia, i voti passarono per magia da Bersani a Renzi con le stesse percentuali, in quel caso e in altri casi simili, lo sponsor di turno era Vincenzo De Luca, oggi candidato alla corsa verso la Regione. Una corsa che dovrebbe dargli in lasciapassare proprio con il “meccanismo” delle primarie. Ecco dunque spiegato il perché dei tanti rinvii, il perché dal Nazareno non arriva l’ok. Meglio non rischiare e non compromettere quanto di buono il Pd sta sbandierando ai sette venti. L’ennesimo scandalo comprometterebbe la posizione anche e soprattutto del Premier Matteo Renzi. Meglio evitare dunque, meglio cercare il compromesso su un nome “pulito” gettando una pietra sopra al passato troppo recente per non essere preso in considerazione. Le primarie in questo momento storico non servono se non a condannare chi già le ha usate senza senno.