ROMA – Durante l’incontro con i membri della Curia, in occasione dello scambio degli auguri natalizi, appuntamento ormai tradizionale tra il Papa e chi lavora in Curia, Papa Francesco ha sottolineato quali siano i mali che possono affliggere la Curia, invitando tutti i presenti a cercare di essere sempre più immagine del corpo mistico di Cristo, poiché la Curia è un “piccolo modello di chiesa, cioè corpo complesso che cerca quotidianamente di essere più unito e armonioso”.
Queste tentazioni “indeboliscono il nostro servizio al Signore” in modo similare a come le malattie indeboliscono il corpo umano.
Tra le piaghe citate dal Pontefice troviamo quella di “sentirsi immortali”, ovvero non possedere alcun difetto. Non si tratta semplicemente della superbia ma anche del fatto di non fare i dovuti controlli, o non permettere i dovuti controlli, perché ci si sente impeccabili. La radice di questo, spiega il Papa, è nel fatto che quando ci si guarda allo specchio si vede se stessi e non il volto di Dio: per questo si può evitare questa deriva accogliendo l’atteggiamento dei “servi inutili”.
Anche “l’eccesso di operosità” è una possibile deriva della Curia: ricordando Marta, il Santo Padre ha fatto notare come si debba trovare il tempo per “sedersi ai piedi di Gesù”. Ancora “l’impietrimento e l’iperpianificazione”, ovvero il perdere i sentimenti di Gesù, e lasciare indurire il cuore, trasformandosi in burocrati, piuttosto che il pianificare tutto, compresa “la libertà dello Spirito”. In entrambi i casi si perde il senso di ecclesia, per diventare una organizzazione senza scopo di lucro, snaturando così la Chiesa, come ha più volte espresso il Papa in passato.
Segue il “mal da coordinamento”, ovvero l’incapacità di agire da soli, senza una direzione data, e “l’Alzheimer spirituale”, ovvero dimenticare, con il passare del tempo, “il primo amore”, cioè il primo incontro con Gesù.
Ovviamente la “vanagloria”, lo sfoggio del “colore delle vesti e le insegne di onorificenza”, è una altra deriva, che nasce quando tutto questo diventa “l’obbiettivo primario della vita” e del proprio agire.
Questa è accompagnata dalla ‘schizofrenia esistenziale”, definita una malattia gravissima: è il caso di quelle persone che si creano una doppia vita frutto di un vuoto spirituale che lauree o titoli accademici non possono colmare” che spesso si abbia con le “chiacchiere”, individuate da Bergoglio come altra malattia della Curia.
“Chiacchiere e pettegolezzi” sono tra i mali da evitare, ha detto, ma anche l’adulazione delle gerarchie, ovvero “divinizzare i capi” è una pericolosa deriva: si tratta di tutte quelle persone che “corteggiano alcuni loro collaboratori per ottenere la loro sottomissione, lealtà e dipendenza psicologica”.
Terminando il proprio intervento Bergoglio ha poi parlato del problema della “faccia funerea”, malattia classica di chi ha perso la gioia del Vangelo e nasconde le proprie insicurezze dietro la severità, e di tre malattie che riguardano la sete di possedere beni mondani.
Esse sono la “malattia dell’accumulare” beni materiali, quella di chiudersi in “circoli chiusi” e infine “la malattia del profitto mondano e degli esibizionismi” che colpisce chi pensa alla Chiesa, e alla sua azione, con logiche puramente economiche.