ROMA – Nel corso dell’omelia di oggi, nella cappella di Casa Santa Marta, Papa Francesco ha parlato della maternità della chiesa: ritrovare i propri figli che avevano perduto il cammino è la “consolazione della Chiesa“, nonché la sua gioia.
“Io mi domando quale sia la consolazione della Chiesa” ha detto il Santo Padre, rispondendo che “la Chiesa fa festa, è felice quando esce da se stessa” allo stesso modo in cui “quando una persona è consolata quando sente la misericordia e il perdono del Signore“.
Dio non segue un ragionamento umano: non ragiona in termini di bilanci di guadagni e perdite poiché per Dio, su 100 pecore non è una perdita accettabile neppure una di esse. Questo ce lo spiega Gesù nel Vangelo, laddove parla di “quel pastore che esce, va a cercare quella pecora smarrita, poteva fare il conto di un buon commerciante: ma, 99, se ne perde una non c’è problema“; Dio non accetta di perdere neppure una pecora, perché “ha cuore di pastore” tanto che nella parabola il buon pastore “esce a cercarla finché la trova e lì fa festa, è gioioso“.
Il buon pastore è proprio l’esempio a cui la Chiesa deve guardare: quando la Chiesa non si comporta come il buon pastore, “quando la Chiesa si ferma in se stessa, si chiude in se stessa… forse sì è ben organizzata, un organigramma perfetto, tutto a posto, tutto pulito, ma manca gioia, manca festa, manca pace, e così diventa una Chiesa sfiduciata, ansiosa, triste, una Chiesa che ha più di zitella che di madre, e questa Chiesa non serve, è una Chiesa da museo“.
“La gioia della Chiesa è partorire – ha concluso Papa Francesco – la gioia della Chiesa è uscire da se stessa per dare vita; la gioia della Chiesa è andare a cercare quelle pecore che sono smarrite; la gioia della Chiesa è proprio quella tenerezza del pastore, la tenerezza della madre“.