SALERNO – Il caso, per il momento di natura squisitamente amministrativa, è nato agli inizi del 2013 quando un “giornalista pubblicista” (SDN) collaboratore del quotidiano “Il Mattino” -redazione di Salerno- si rivolge prima all’ INPGI e poi direttamente alla Direzione Provinciale del Lavoro di Salerno per il riconoscimento delle sue mansioni alla stregua di vero e proprio lavoro subordinato e la richiesta dei relativi contributi assicurativi a far data dal 1999, delle differenze retributive, dello straordinario, delle ferie e gratifiche natalizie non retribuite. Lo stesso faceva presente di espletare di esplicare attività di giornalista, di osservare un orario di lavoro dalle ore 8.30 alle 20,00 per n. 7 giornate settimanali, di ricevere direttive dal capo della redazione di Salerno, di lavorare anche fino a tarda sera e quant’altro indicato in denuncia e nella successiva integrazione prodotta direttamente agli ispettori del lavoro che la mattina del 4 febbraio 2013 (due anni fa) facevano accesso presso la sede salernitana de Il Mattino per gli accertamenti di rito. Nel corso dell’accesso gi ispettori del lavoro trovano in redazione due giornalisti (F.A. e S.R.) i quali, in relazione al presunto collega dichiarano che “SDN aveva un rapporto di collaborazione con Il Mattino spa, in virtù del quale proponeva a mezzo e-mail i propri articoli, che, se ritenuti validi, venivano pubblicati … ai due giornalisti si univa anche il capo della redazione nel confermare le dichiarazioni dei due”. Il caso, tutto amministrativo per il momento, si sviluppa dunque su due assunti contrapposti: da un lato il ricorrente che chiede il riconoscimento del lavoro dipendente, dall’altro il giornale che resiste e controbatte assumendo che nel caso di SDN si tratta di una semplice collaborazione (senza orario di lavoro, senza presenza in sede, con pezzi inviati mai e-mail e sempre con l’incognita della pubblicazione affidata soltanto al caso). Oltretutto il giornale sostiene che un giornalista pubblicista non avrebbe mai potuto svolgere le mansioni pretestate dal ricorrente ma soltanto quelle del collaboratore occasionale. Il caso, ovviamente, si dipana tutto in punta di diritto; difatti da più parti si ritiene ingiustamente che la circostanza essenziale per il riconoscimento di un rapporto di lavoro completo ed a tempo indeterminato possa ricorrere soltanto con la presenza in redazione, con l’orario di lavoro, con la continuazione della pubblicazione dei pezzi e con l’osservanza delle indicazioni del responsabile della redazione. Una concezione abbastanza arcaica del rapporto di lavoro, poteva anche andare bene in un recente passato quando il mondo della comunicazione non era stato ancora invaso e devastato dai mezzi e dagli strumenti multimediali oggi esistenti, mezzi e strumenti che consentono di essere presenti anche dove soltanto fisicamente non si è presenti. Una concezione arcaica, ma ormai superata dalla velocità siderale del web, a cui un po’ tutte le redazioni si aggrappano ancora oggi per “sfruttare maldestramente tanti giovani” sottomettendoli a vero e proprio lavoro nero mascherato da pseudo contratti parziali di collaborazione. Non parlo nello specifico de Il Mattino ma il mio discorso è di carattere generale; un discorso che del resto ho fatto da sempre, fin dai tempi della mia direzione di Quarta Rete Tv sulla base della mia diretta esperienza lavorativa nel mondo del lavoro in qualità di “ispettore di vigilanza”. Ma al di là di questo sarebbe sufficiente per ogni investigatore o ispettore aprire un giornale a caso e riaprirlo nei giorni successivi per poter facilmente riscontrare che lo stesso nominativo risulta autore non di un solo articolo ma spesso di tanti articoli, anche nella stessa pagina, per ripetersi il giorno successivo e gli altri ancora. A questo punto come si fa a sostenere che un rapporto è soltanto di collaborazione e non “subordinato, continuativo ed a tempo indeterminato” con tutti i costi che ne derivano. Qualche volta ho provato, in passato, a spiegare ad alcuni colleghi direttori di quotidiani che insistere nell’inondare pagine e pagine con gli stessi nomi dei giornalisti (molto spesso senza contratto stabile) valeva come prova provata per dare d’ufficio la qualità di “giornalista dipendente a tempo indeterminato”; nessuno mi ha mai ascoltato e adesso sembra che sia proprio Il Mattino a pagarne, per primo, le conseguenze disastrose di una gestione colpevole dei giornalisti, siano essi collaboratori che redattori. Come è finita la querelle tra SDN e Il Mattino lo vedremo domani.
direttore: Aldo Bianchini