Barbara Filippone
Cercare di capire le ragioni della decisione dei Cardinale Romeo di Palermo in merito alla scelta di escludere al sacramento della cresima il figlio dei Graviano è piuttosto complicato, ma per tante ragioni lo è. Oggi 22 novembre Giuseppe Graviano avrebbe dovuto ricevere, insieme ai suoi compagni di liceo, con cui ha affrontato il percorso di preparazione, la cresima, celebrata alla Cattedrale di Palermo, la stessa in cui sono racchiuse le reliquie del Beato Puglisi, assassinato da Salvatore Grigoli, per volere dei Graviano. In un momento in cui papa Francesco lancia un monito: “Basta chiedere soldi in Chiesa”, continuando la sua “rivoluzione” verso una Chiesa più pura, senza interessi criticando senza paura quegli atteggiamenti, più “finanziari” che religiosi, che nulla dovrebbero avere a che fare con il clero; un tempio dunque più pulito che oggi per bocca del Cardinale non si sente di ricevere un parente dei Graviano. Il cardinale ha infatti dichiarato che fino ad oggi nessuno dei familiari ha riconosciuto una sorta di pentimento per ciò che era stato fatto a padre Pino Puglisi, per cui sarebbe stato irrispettoso, per l’opera del prete ucciso, ricevere un figlio della mafia nel tempio, anche se in realtà il ragazzo non ha mai avuto contatti con il padre, se non attraverso un vetro blindato e sotto la sorveglianza delle videocamere che registrano tutto. Ma lui si chiama Graviano. E padre Puglisi da sempre combatteva una guerra ma non contro la mafia ma contro l’ignoranza di un quartiere come Brancaccio, perché incollava i ragazzi, le persone, i giovani soprattutto, a qualcosa di diverso estraneo al modo di vivere del quartiere. Padre Pino Puglisi ha rappresentato semplicemente un contraltare alla mafia, aggregava le famiglie, educava i bambini, istruiva con le catachesi. Per tale ragione la mafia decise di eliminarlo, anche se inizialmente si vergognò di manifestare il suo coinvolgimento all’omicidio, trasformandolo in una sorta di incidente per mano di un balordo, di un tossicodipendente per una rapina, perché come risulta dagli atti del processo giudiziario, ma anche da quello canonico, la mafia allora aveva simulato una falsa rapina.
Il cardinale Pappalardo disse che la mafia si presentava come l’anticorpo mistico di Cristo, così la chiesa iniziò a capirlo che l’appartenenza mafiosa era incompatibile con la professione di fede. Alla luce di queste riflessioni comprendo la decisione di un cardinale in merito alla partecipazione di un parente di un mafioso al ricevimento di un sacramento; anche perché gli è stato solo impedito di riceverla alla Cattedrale, dove riposano le reliquie di Don Pino Puglisi… Infatti alla famiglia è stato chiesto di organizzare un’altra celebrazione in forma privata, quindi il sacramento non è stato negato. Oggi c’è la necessità che un cristiano sia coerente e credibile. Padre Puglisi desiderava fare dei giovani degli uomini nuovi, con una coscienza che non avesse paura di manifestare la sua cristianità, fino in fondo; dunque coerente perché credibile agli occhi di Dio e non solo degli uomini. Seppur complicata questa scelta ha diviso le coscienze proprio per il ruolo che oggi la Chiesa riveste: non coerente e non credibile sempre, qualità che sono alla base della fede religiosa.
Forse ora comprendo un po’ di più la scelta del nostro Cardinale…