SALERNO – Sulla scia di quelli che sono i cosiddetti “luoghi comuni”, ma non solo, in data 3 novembre scorso ho dedicato alla nostra Università un approfondimento dal titolo abbastanza forte: “Università: la saga dei dottorati predestinati !!”. Pur precisando che “Non c’è cosa peggiore dei luoghi comuni, sempre insidiosamente subdoli e difficili da combattere, soprattutto quando si radicano con forza nell’immaginario collettivo” ho allargato la visione del problema a 360° scrivendo testualmente che “Il luogo comune più comune (scusate la ripetizione !!) è quello che i “dottorati” vengono assegnati con largo anticipo a destinatari ben noti ( i soliti figli di papà ed anche di mammà !!) e che le prove d’esame altro non sono che una presa in giro anche per chi, molto dignitosamente, ha studiato e portato a casa medie altissime”. Fortunatamente non è sempre così, o meglio nella stragrande maggioranza dei casi non è così. Probabilmente non è stato così nella vicenda che ho raccontato (sempre nel contesto dell’approfondimento del 3 novembre scorso) con dovizia di particolari e con prove testimoniali univoche, cioè rese soltanto della parte interessata e/o presunta parte lesa. Senza nulla togliere, ovviamente, alla validità della prova sostenuta dall’ingegnere (attore principale del mio racconto) va osservato con attenzione che i dottorati in genere, e più specificamente il “dottorato in rischio e sostenibilità nei sistemi dell’ingegneria civile, edile ed ambientale” (perché è di questo dottorato che si parla !!), vanno assegnati non soltanto ai laureati più bravi ma anche, se non soprattutto, ai laureati che al termine del ciclo normale di studi hanno riportato la media del 110 o quantomeno molto vicina al massimo. Mi spiego meglio; ci sono laureati con meno di cento che diventano degli scienziati (leggasi Albert Einstein che fu anche bocciato alla sua prima prova di tesi di laurea data presso il Politecnico di Zurigo) ma il conferimento del dottorato non può e non deve andare alla ricerca dello scienziato, deve sicuramente cercare di premiare il giovane laureato che in base alla media finale ha, almeno sulla carta !!, dimostrato una maggiore attitudine allo studio per il conseguimento di un risultato a lui più favorevole. Insomma chi si siede dinanzi la commissione esaminatrice ed ha una media che si avvicina soltanto al 110 può anche sperare di ottenere il riconoscimento della commissione stessa ma nella maggioranza dei casi è destinato a rimanere fuori dalla “borsa” pur ottenendo il dottorato. Tutto questo per spiegare nel merito il caso specifico denunciato su questo giornale il 3 novembre 2014; credo di essere stato abbastanza esaustivo pur non negando che a livello generale può, comunque, accadere, e accade, che venga favorito tizio piuttosto che caio. Ma ritorniamo al cosiddetto “luogo comune” che sicuramente imperversava nella nostra università, quella dei nostri tempi, quella cioè dei “baroni” riconosciuti e molto temuti da chiunque si permettesse di affacciarsi un po’ al di là di quello che gli era lecitamente consentito nell’ambito del ciclo di studi che doveva portare a termine. Oggi, fortunatamente, l’istituzione universitaria è molto cambiata, si è radicalmente modernizzata ed è all’avanguardia in campo nazionale ed anche internazionale. Parlo della nostra Università, si proprio quella di Salerno/Fisciano, che spesso anche da noi giornalisti viene bistrattata e fatta bersaglio di ogni genere di accuse. Ho avuto un lungo, cordiale e proficuo incontro con il prof. Leonardo Cascini -direttore del dipartimento di ingegneria civile- che ha dichiarato la sua assoluta disponibilità ad incontrare anche l’ingegnere di cui al mio racconto per stimolarlo a non credere più nei facili luoghi comuni anche perché l’università di Salerno/Fisciano e per essa il dipartimento di ingegneria civile è ai primi posti nella ideale classifica dei migliori dipartimenti scientifici italiani. Non sempre per un giornalista è facile incontrare personaggi disponibilissimi come il prof. Cascini, soprattutto non è facile dialogare in un clima di assoluta serenità (all’incontro erano presenti anche altri professori) e di costruttiva collaborazione per il raggiungimento della verità, o di quella più verosimile possibile. Dal prof. Leonardo Cascini, che ha evidenziato doti di ottimo comunicatore, dovrebbero prendere buon esempio tutti quei professionisti che quando si rapportano con i giornalisti lo fanno sempre in un’atmosfera di scontro distruttivo con l’intento di far prevalere il potere sulla libera informazione che, come i professionisti o la gente comune, qualche volta può prendere anche delle cantonate. E’ vero che viviamo nell’epoca di internet o nel tempo della totale globalizzazione ma una stretta di mano o un dialogo civile dovrebbero valere a risolvere tantissimi problemi che neppure la magistratura è in grado di risolvere.
direttore: Aldo Bianchini