AMORE CRIMINALE: “L’amore che poté morire non era amore.” Berthold Auerbach, Auf der Höhe, 1865

 

Giovanna Naddeo

Ancora un altro caso di amore criminale si è consumato lo scorso 16 settembre.

Milano, due giovani precipitano dall’ottavo piano di un palazzo.

Lei, Alessandra Pelizzi, 19 anni, a giugno aveva dato la maturità e adesso era pronta per iscriversi alla facoltà di psicologia. Lui, Pietro Maxyilian Di Paola, 20, era originario del Brasile ma era stato adottato da una agiata famiglia milanese quando era ancora un bambino.

Secondo la polizia potrebbe trattarsi di un omicidio-suicidio o, forse, la ragazza è stata trascinata involontariamente nel tentativo di salvare la vita all’ex fidanzatino che già un anno fa aveva tentato di togliersi la vita allo stesso modo. Ma una testimone oculare, la vicina di casa, non la pensa allo stesso modo. «Ho visto bene, erano sul balcone, hanno litigato e lui l’ha trascinata giù con sé. Lei gridava aiuto, aiuto. Era attorno a mezzanotte e mezza. Abbiamo chiamato la polizia e poco dopo abbiamo sentito un rumore terribile. Un tonfo agghiacciante». 

Alessandra lo aveva lasciato circa tre settimane fa al ritorno dalle vacanze ma quella sera, dopo una piccola festicciola che si era consumata in quello stesso appartamento in compagnia di qualche amico, Pietro aveva invitato i presenti ad andare via per esprimerle ancora una volta i suoi sentimenti. Nessuno sa di preciso cosa sia accaduto negli istanti precedenti all’omicidio-suicidio.

I soccorsi sono arrivati pochi minuti dopo ma per la 19enne non c’era più nulla da fare. Di Paola, invece, è morto qualche ora più tardi all’ospedale San Gerardo di Monza. È possibile che il corpo della ragazza abbia attutito il colpo. Nella stanza del ventenne, la polizia ha trovato una sorta di diario dal quale emergerebbe una forma di disagio per l’adozione e l’intenzione mai abbandonata di uccidersi.

Purtroppo oggigiorno la cronaca è piena di vicende simili.  Sempre più spesso i nostri quotidiani o telegiornali riportano tristemente la morte di una donna per mano del proprio “amore”, che si tratti del fidanzatino liceale o del marito. “O con me o con nessun altro” questa l’agghiacciante motivazione comune a quasi tutti gli uxoricidi.

Questa vicenda allora non deve cadere nel dimenticatoio ma piuttosto può rappresentare uno stimolo educativo se, con l’inizio del nuovo anno scolastico, anche un solo insegnante X della scuola Y sul territorio salernitano si senta spinto a parlarne in classe con i propri studenti, favorendo discussioni e un sereno scambio di opinioni. Non dimentichiamo certo che la scuola italiana è già piuttosto affaticata tra i lunghi programmi delle materie da portare a termine entro giugno e il sovraffollamento delle classi (“ma questa è un’altra storia”), ma comunque l’istituzione scolastica dovrebbe esser concepita prima di tutto come luogo di apprendimento e magistra vitae.

Bisogna imparare tutto nella vita. Anche ad amare.

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