da Franco Pelella
Caro direttore, l’antropologo statunitense Michael Herzfeld, intervistato dal collega Marino Niola, ha fatto alcune incredibili affermazioni a proposito del Mezzogiorno (“Il familismo è morale il Sud non se ne vergogni; La Repubblica, 5/8/2014). Sono totalmente in disaccordo con lui. E’ vero che è legittima la voglia di difendere la propria famiglia dall’ostilità e dalla concorrenza degli altri ma una cosa è la difesa della famiglia mentre un’altra cosa è considerare, come si fa in molte parti del Mezzogiorno, la propria famiglia al di sopra di tutto. Non condivido, poi, il giudizio sul libro di Banfield. Banfield non guardava il Sud dall’alto in basso ma cercava di dare un giudizio obiettivo della società meridionale e, secondo me, è riuscito a fotografarla meglio di tanti antropologi e sociologi italiani. E’ inaccettabile, inoltre, dire che “certi fatti sono di ordine criminale solo se la comunità locale li considera tali”. I comportamenti criminali spesso sono resi evidenti dai reati commessi (omicidi, rapine, estorsioni, minacce, ecc.); l’eventuale omertà che esiste in un territorio non annulla la criminalità esistente. Dire, infine, che la corruzione esiste dappertutto non significa niente. Se in tutte le indagini che vengono condotte i meridionali risultano più familisti, più corrotti, più criminali, con meno senso civico rispetto agli abitanti di altre regioni ciò vuol dire che esistono dati oggettivi per poter dire che nel Sud ci sono più problemi sociali che altrove. Ho la sensazione che il professor Herzfeld ragioni come Pino Aprile dal quale ho sentito dire con le mie orecchie che ogni cultura ha un suo valore, anche quella dei cannibali che sanno bene come cucinare un uomo.