Filippo Ispirato
Ormai la sensazione che la maggior parte degli italiani avevano negli ultimi mesi è stata confermata dalle cifre: il prodotto interno lordo italiano, secondo le stime preliminari rese note ieri dall’Istat, è calato nel secondo trimestre 2014 dello 0,2% rispetto a quello precedente.
L’Istituto Nazionale di Statistica ha rilevato che tutti e tre i principali settori dell’economia (agricoltura, industria e servizi) hanno registrato un calo della produzione nell’ultimo trimestre.
Questo è il secondo trimestre consecutivo di calo del PIL dell’Italia, che è tecnicamente di nuovo in recessione. Il Prodotto Interno Lordo è sceso anche rispetto al secondo trimestre 2013, con una contrazione dell’economia dello 0,3%.
Secondo la stampa internazionale il dato era tristemente noto, e vede il nostro paese fanalino di coda nella classifica della crescita a livello europeo in quanto, seppur in maniera lieve, gli altri paesi dell’area Euro hanno ripreso a crescere.
Brutte notizie per il Primo Ministro Matteo Renzi ed il suo governo, che nel suo programma di governo ha sempre puntato al rilancio dell’economia.
Anche il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha dovuto riconoscere in un’intervista rilasciata al quotidiano economico “Il Sole 24 Ore” di ieri che il paese è “in una fase di recessione davvero profonda, sebbene al momento la soglia del 3% deficit/Pil non sia stata ancora superata.”
Il dato sembra ancora più pesante se si confrontano i dati dell’economia Usa che è tornata a marciare di buona lena nel secondo trimestre dell’anno in corso: il Pil, trainato dalla spesa al consumo e dagli investimenti aziendali, si è lasciato alle spalle la contrazione invernale, avanzando al passo del 4% e battendo di un intero punto percentuale le previsioni medie degli analisti, la spesa dei consumatori, che rappresenta oltre i due terzi dell’economia, è lievitata del 2,5%. L’impennata è avvenuta grazie a un balzo del 14% negli acquisti di beni durevoli, dalle auto agli elettrodomestici, gli investimenti aziendali in strutture, macchinari e proprietà intellettuale sono cresciuti del 5,5%, le imprese, in un ulteriore segno di ottimismo, hanno ripreso ad accumulare scorte di magazzino e anche la spesa pubblica, nonostante il clima di austerità, è tornata a sostenere il Pil con un aumento dell’1,6%.
Sembrerà anche una banalità ma quest’ultimo punto, ovvero l’aumento della spesa pubblica, deve far riflettere molto gli economisti, i politici ed i governanti tutti del Belpaese, in quanto negli ultimi anni è stato fatto esattamente l’opposto: è stata ridotta drasticamente la spesa pubblica e aumentata sensibilmente la tassazione. In particolare sono stati colpiti i risparmiatori italiani: da un lato è aumentata la tassazione sulle rendite finanziarie e sulle giacenze di conto corrente dal 20% al 26% e contemporaneamente sono state innalzate le rendite catastali e le imposte sia sulle prime che sulle seconde case. Oggi, per assurdo, l’italiano medio spesso non ha altra scelta che consumare ed evitare di risparmiare: il risparmio, che da anni ha caratterizzato noi italiani ed ha rappresentato il nostro punto di forza rispetto ai nordeuropei, oggi viene sempre più colpito e scoraggiato.
Se questa è una mossa per salvare i bilanci dello stato e per incentivare i consumi, tale strategia sembra non stia dando i frutti sperati in quanto stiamo andando esattamente dalla parte opposta. Continueremo così o i nostri governanti e l’Unione Europea cambieranno linea, attraverso una riduzione del prelievo fiscale ed una maggiore flessibilità nella richiesta di rispetto dei parametri di Maastricht?