Angellara Hopme/26: giuro di abbattere la Curia, solo la Curia, nient’altro che la Curia e … “galeotta fu la telefonata e chi la fece” !!

Aldo Bianchini

SALERNO – Per chiunque, magistrati – giornalisti – presbiteri e gente comune, abbattere una Curia (a maggior ragione se Arcivescovile) è probabilmente il sogno della vita così come riuscire a far condannare (anche se soltanto in primo grado per il momento !!) un Arcivescovo Metropolita segnando un primato storico sia sul piano giudiziario che su quello dell’impatto mediatico verso il mondo esterno. E poi … galeotta fu la telefonata e chi la fece: << Squilla il telefono della Curia, Don … risponde e dall’altro capo: “Pronto parlo con Don …, sono il dottor … del Comune di Salerno … guardi noi dobbiamo risolvere quel problema di quel cavolo di muretto di recinzione della spiaggia … si perché è l’unico elemento su cui può ancora appigliarsi la Procura per continuare a rompere … Don … lei mi deve fare questa cortesia, faccia abbattere subito quel muretto e mettiamo tutte le cose a posto … La ringrazio e la ossequio”. In Curia ci credono e subito provvedono all’abbattimento sperando che la tempesta giudiziaria si plachi; macchè, niente di più sbagliato !! >>. Difatti dopo qualche tempo da quella telefonata galeotta arriva come un fulmine a ciel sereno la delibera del Consiglio Comunale di Salerno n.2 del 21.01.2013 di approvazione della variante parziale al PUC, delibera pubblicata dal 29.01 al 12.02.2013 all’Albo Pretorio del Comune di Salerno. Sotto certi aspetti, un po’ in contrasto con il credere comune, noi giornalisti avremmo l’obbligo personale e professionale di studiare attentamente le carte prima di scrivere e farci prendere dalla bramosia della “notizia in prima e prima degli altri” che quasi sempre è foriera di cattivo giornalismo. Spesso ci troviamo a criticare le sentenze, anche io l’ho fatto, ma dobbiamo tener conto che le parole scritte in una sentenza, anche quella più anomala possibile, sono parole pesanti come se fossero state scolpite nella pietra. Difatti sia nella sentenza di primo grado (quella del 18 luglio 2012 che ha mandato a condanna Pierro, Lanzara e Sullutrone) che la sentenza del TAR del 5 dicembre 2013 (pubblicata il 4.4.2014) mettono in luce diversi inquietanti aspetti dell’intera vicenda inerente l’ormai famigerato “Angellara Home”. Qualche lettore adesso si chiederà quale nesso causale e temporale possa esistere tra la galeotta telefonata giunta in Curia dal Comune di Salerno e la delibera del C.M. del 21 gennaio 2013; insomma che cosa è accaduto tra quella telefonata e la delibera ? L’accaduto viene svelato in parte dalle motivazioni delle due sentenze innanzi citate, anche se l’una tratta aspetti penalistici e l’altra soltanto aspetti amministrativistici. La verità di quanto accaduto tra la Curia e il Comune e, soprattutto, di quanto poteva accadere e non è accaduto tra il Comune (SUAP) e la rivoluzione urbanistica voluta cocciutamente dal sindaco Vincenzo De Luca, è scritta (anche se in maniera velata !!) in ogni pagina di quelle sentenze; basta leggerle, approfondirle e, semmai, studiarle, prima di scrivere cavolate. Ma per questo Vi rimando alla prossima puntata di questa lunga e travagliata storia, e non mancheranno le sorprese. Posso solo anticipare che, dopo aver letto le carte, ho ricavato l’impressione, più che corposa, che la Curia (già in difficoltà per altri motivi ben noti !!) sia stata utilizzata come <<merce di scambio>> tra la Procura della Repubblica che stava effettuando <<… una penetrante indagine del giudice penale …>>  e il Comune di Salerno su cui la penetrante indagine rischiava di allungarsi. Per oggi intendo ritornare alla sentenza di 1° (prima sezione penale del tribunale) del 18 luglio 2012 per smantellare anche il provvedimento della Corte dei Conti con la notifica degli <<inviti a dedurre>> per il recupero di circa 2.500.000 € in danno di Mons. Gerardo Pierro, don Comincio Lanzara e l’arch. Giovanni Sullutrone, nonché in danno dell’attuale presule (S.E.Mons. Luigi Moretti) solo per la sua figura di legale rappresentante pro-tempore della Curia salernitana. Ebbene, come dicevo all’inizio di questo articolo, sia la Corte dei Conti così come la Guardia di Finanza non hanno saputo resistere al cosiddetto “furore legale” di comunicare alla stampa la notifica degli inviti pur in costanza di una situazione meramente farraginosa e molto complicata sia sul piano penale che su quello amministrativo. Anzi arrivo a dire, e non lo dico per piaggeria, che la GdF di Salerno è stata spinta con forza dalla Corte dei Conti a salire le “scale del successo mediatico” contro una Curia assolutamente inerme ed incolpevole. Per capire meglio, quindi, l’insipienza del provvedimento della CdC è necessario, come dicevo prima, risalire alla sentenza di 1° e soprattutto alla dichiarazione spontanea dell’arcivescovo mons. Gerardo Pierro resa in aula il 14 maggio 2012; dichiarazione spontanea che è stata, comunque e doverosamente, tenuta in buon conto dal collegio giudicante composto da Maria Teresa Belmonte (presidente), Fabio Zunica (a latere) e Marilena Albarano (relatore). Soltanto sulla base di questa lunga ed articolata dichiarazione il collegio mandò assolti otto degli undici imputati e condannò i rimanenti tre per la gestione delle quote di finanziamento della Regione (i 2milioni e mezzo di euro che la Corte vorrebbe far rimettere nelle casse dello Stato) scindendo i reati di cui ai capi “F” e “G” (l’uno per l’ottenimento e l’altro per la gestione). Dunque i tre imputati (Pierro e Lanzara per aver emesso i mandati di pagamento e Sullutrone per averli utilizzati) sono stati condannati non per aver brigato al fine di  ottenere i finanziamenti (tutti leciti !!) ma per come li hanno gestiti, in quanto secondo l’ipotesi accusatrice del giudice penale quella struttura non poteva e non doveva essere così come si presentava agli occhi degli inquirenti. E perché, se tutto era in regola ? Perché il Comune aveva nel frattempo cambiato strategia (come ho scritto all’inizio di questo articolo) per salvarsi e salvare tutte le altre concessioni omologhe a quelle della Curia. Ma cosa disse di tanto importante Mons. Gerardo Pierro in quella deposizione spontanea dinanzi al collegio giudicante ? Bisogna ritornare agli atti del processo, leggerli e studiarli, e viene fuori che Pierro disse: <<Pregai perciò mons. Comincio Lanzara, che già curava la gestione del complesso, di seguire la pratica, dopo che l’arch. Giovanni Sullotrone aveva verificato la finanzi abilità del progetto. L’architetto Giovanni e l’ing. Nicola Sullutrone redassero il progetto, secondo le indicazioni regionali. La loro esperienza era già una garanzia per noi. Non ho avuto alcun rapporto, né mi sono mai recato presso gli uffici che gestivano la pratica. A tutt’oggi ignoro dove hanno sede, so soltanto che si trovano a Napoli … La scelta poi di affidare la gestione della casa per ferie ad una associazione, senza scopo di lucro con personalità vicine al mondo cattolico, ci era stata suggerita dalla CEI (Conferenza Episcopale Italiana) che sconsigliava il diretto coinvolgimento della diocesi. Da qui la decisione di nominare mons. Comincio Lanzara rappresentante della diocesi in seno all’associazione. Chi meglio di lui avrebbe potuto curare gli interessi della diocesi, garantendone il fine originario sociale e caritativo ? Con l’associazione si stipulò un comodato a tempo determinato. Siamo -come diocesi- debitori all’associazione che intervenne, con fondi propri, a completare la ristrutturazione del complesso. Siamo ancor più riconoscenti per aver sollevato la diocesi dalla preoccupazione economico-finanziaria. Anzi l’associazione si impegnò, in caso di utili, a devolverli per il Seminario Metropolitano “Giovanni Paolo II” … Nessun cambio di destinazione d’uso !! Il Villaggio San Giuseppe è da sempre destinato all’accoglienza. Ci si preoccupò soltanto di approvare una struttura all’altezza dei tempi, sostituendo le vecchie camerate con servizi igienici in comune, con stanzette a uno due tre posti, a tutela della privacy, con i servizi igienici all’interno di ogni singola stanza … Mons. Lanzara non ha mai agito senza la mia previa autorizzazione. La sua capacità, collaudata in trent’anni di servizio e in vari incarichi affidatigli, è stata una garanzia per la diocesi che ha servito con spirito di sacrificio, consapevole del proprio ruolo>>. Alla prossima.

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