Aldo Bianchini
MONTESANO/M. – All’indomani della sentenza definitiva, emessa dalla Corte di Cassazione il 14 marzo 2014, che ha confermato sia la sentenza di primo grado che quella di appello con la condanna di Biagio Maceri ad otto anni di carcere, a sentenza passata, quindi, in giudicato è possibile ed anche doveroso porsi e porre la domanda: “Biagio Maceri, titolare del materassificio, è l’unico colpevole della tragedia del 5 luglio 2006 in cui persero la vita Giovanna Curcio (nata nel 1990) e Annamaria Mercadante (nata nel 1957) ?”. La risposta, almeno per quanto mi riguarda, è semplice: “NO”. E non lo dico per cercare di assolvere un Maceri che comunque è responsabile. Per la cronaca è utile ricordare che la mattina del 5 luglio 2006, per ragioni legate alla carenza di adeguate misure di prevenzione, il laboratorio-materassificio di Montesano/Marcellana andò rapidamente a fuoco. Nell’incendio morirono la Curcio e la Mercadante. Tutto il paese sapeva dell’esistenza di quel laboratorio, posto oltretutto in una palazzina che ospitava anche una scuola elementare che, fortunatamente a luglio era chiusa ma che era stata aperta ed esposta a tutti i rischi connessi anche agli aspetti di lavorazione di materiali sicuramente non perfettamente salubri. Di quel laboratorio fuori regola anche l’Amministrazione Comunale era a conoscenza, dal Sindaco alla Giunta ed a tutto il Consiglio, oltretutto un amministratore abitava proprio in quella palazzina. Dunque tutti sapevano ed hanno fatto finta di non sapere. Negli accertamenti successivi alla tragedia, anche su sollecitazione del Capo dello Stato, si scoprì che in quel laboratorio operavano lavoratori in nero e che le misure di prevenzione erano carenti e che, addirittura, non era stata forse mai richiesta e sicuramente non concessa la necessaria autorizzazione ad operare da parte dell’ufficio comunale preposto. Una serie incredibile almeno di superficialità per non dire di illegalità diffuse. Dalle cronache del tempo venne fuori che probabilmente anche la cisterna dei Vigili del Fuoco giunta sul posto per domare le fiamme era scarica. Incredibile !! Tante responsabilità, ovviamente presunte, che nel tempo si sono sciolte come neve al sole. Sullo sfondo, però, rimane un fatto gravissimo che se seguito per bene e per tempo avrebbe potuto, forse, evitare che la tragedia si consumasse. Sulla scena arrivano due ex lavoratrici (in nero!!) del Maceri che ben nove mesi prima della tragedia denunciano le condizioni pietose in cui hanno lavorato in nero e chiedono che il Maceri venga chiamato alle sue responsabilità. Anna Elisa Pepe e Lady Mary Cristian De Masi, tramite l’avvocato Renivaldo Lagreca, mettono in moto la Commissione Provinciale di Conciliazione delle Controversie di Lavoro (insediata presso la Direzione Provinciale del Lavoro). E’ il giorno 3 ottobre 2005 quando la Commissione riceve la richiesta delle due esasperate lavoratrici; parte la procedura di convocazione e il 24 novembre 2005 (prot.13210 e 13196) viene fissata la riunione della commissione per il giorno 16 dicembre 2005, alle ore 9.00, data in cui dovrà essere esperito il tentativo obbligatorio di conciliazione; alla riunione vengono invitate le due lavoratrici denuncianti, il loro legale e il datore di lavoro Biagio Maceri che dovrà rispondere di gravissimi reati quale quello di aver utilizzato “in nero” le due lavoratrici e di averle sottoposte a condizioni di lavoro non perfettamente in linea con le leggi vigenti in materia. La mattina del 16 dicembre 2005 le due lavoratrici Anna Elisa Pepe e Lady Mary Cristian De Masi, accompagnate dal loro avvocato Renivaldo Lagreca, giungono a Salerno e si presentano dinanzi la Commissione. Vengono aperti due verbali (contrassegnati dai protocolli nn. 3607-Pepe e 3601-De Masi); nei verbali viene attestata la presenza delle ricorrenti e dei rispettivi difensori e viene verbalizzata l’assenza del “convenuto”. In pratica il datore di lavoro Biagio Maceri non si presenta (come era nel suo diritto) e non fornisce alcuna spiegazione della sua assenza; i verbali vengono chiusi alle ore 11.20 del 16 dicembre 2005. A quel punto la Commissione, composta da Lucrezia Zito (Presidente), Vincenzo Pacifico (rappresentante dei d.l.) e Clementina Cammarota (rappresentante dei lavoratori) esce di scena e, purtroppo, l’oggetto del contendere viene sepolto e dimenticato. La pubblica istituzione, cioè, in presenza di due lavoratrici che denunciano l’esistenza di “lavoro nero” ed in mancanza di spiegazioni da parte del datore di lavoro, chiude la pratica e, presumibilmente, l’archivia in maniera definitiva senza preoccuparsi di trasmettere il fascicolo agli organi istituzionali deputati al controllo, ovvero all’Ispettorato del Lavoro, all’Inps, all’Inail, all’ASL ed all’Ispesl o, in estrema ipotesi, alla stazione dei Carabinieri competente per territorio. La storia non finisce qui, essa nasconde momenti davvero inquietanti. Il 5 luglio 2006 il materassificio si incendia e muoiono due lavoratrici in nero, Giovanna e Annamaria, per loro è la fine. Anna Elisa Pepe, però, non si arrende e in data 12 ottobre 2006 si presenta presso il “nucleo operativo dei Carabinieri di Sala Consilina” e denuncia cose incredibili. La Pepe verbalizza che il 5 agosto 2004 si era recata presso la stazione dei Carabinieri di Montesano/M. per denunciare i soprusi e le pessime condizioni di lavoro patiti nel materassifico di Maceri; il maresciallo Recano le avrebbe assicurato un pronto intervento anche perché la Pepe denunciava le precarie condizioni di lavoro presenti pure nell’altro laboratorio di Padula. Invano la Pepe attende notizie; si spazientisce e nel mese di giugno 2005 si presenta presso la Guardia di Finanza di Sala Consilina e sporge nuova denuncia; ma tutto sembra cadere nel vuoto. La Pepe (sempre secondo la denuncia del 12-10-2006) riesce infine a sapere occasionalmente che la sua denuncia presso i Carabinieri di Montesano/M. sarebbe stata inviata all’Ispettorato del Lavoro: un anno prima della grave sciagura. Tutti sarebbero rimasti immobili nell’attesa delle fiamme devastanti. Di chi la colpa? Non spetta a me dare risposte. Posso soltanto dichiarare che tutto quello che ho scritto, nei numerosi articoli pubblicati, l’ho espressamente comunicato alcuni anni fa anche al Presidente del Tribunale di Sala Consilina che avrebbe sollecitato la procura della Repubblica; allora il caso era ancora aperto ma nessuno fece alcunché. Le due sfortunate vittime aspettano, nel freddo delle loro tombe, ancora giustizia. Non voglio assolutamente difendere il Maceri che deve comunque pagare per le sue colpe, ma la responsabilità di quel maledetto incendio non credo possa essere addebitata soltanto a lui.