PADULA – Mentre a bordo della mia autovettura viaggio verso Padula per recarmi alla manifestazione dei 128 anni dalla nascita del “Circolo Sociale Carlo Alberto 1886”, nell’ambito della quale sarà presentato l’opera letteraria storico-ricostruttiva <<Una storia, tante vite>> di Emilio Giordano (letterato, filosofo, scrittore, critico, giornalista) e con la testimonianza di Giovanni Russo (scrittore e giornalista del Corriere della Sera), rifletto sul valore della cultura e sul ruolo che essa deve comunque avere nell’azione di crescita e rilancio di un comprensorio vallivo, come quello del Vallo di Diano. Mi coglie di sorpresa il <<muro di cinta della Certosa>>, lungo, immobile, devastante, quasi come fosse un ostacolo insormontabile per chiunque volesse attingere o portare cultura <<da e per>> un monumento storico- culturale come è e rimane la “Certosa di San Lorenzo” di Padula, fondata da Tommaso Sanseverino –conte di Marsico- nel 1306 ed abitata dai monaci fino al 1800 inoltrato, e dichiarata nel 1998 <<patrimonio dell’umanità>> dall’Unesco. Ecco la prima sensazione che provo è quella della sfida che il Circolo Sociale sta lanciando al <<mostro storico, immenso patrimonio di cultura intrinseca>> rappresentato dalla Certosa, cercando di portare al suo interno un brandello di cultura e di tradizioni -popolari e non populiste- necessarie, forse, anche allo stesso rilancio del maestoso monumento; rilancio sempre promesso e mai realizzato. Ma il Circolo, ovviamente, sta giocando anche un’altra carta importante, quella della convergenza del potere economico su specifici obiettivi culturali possibili delle tre <<banche di credito cooperativo>> operanti sul territorio con spiccata attenzione a lasciare intatto i rispettivi patrimoni di identità culturale e forza economica, entrambe espressione della identità e dell’economia di un intero territorio. Con queste idee che mi frullano in testa giungo, con qualche minuto di ritardo, nella prestigiosa <<sala del refettorio>> già stracolma di gente comune, di soci del Circolo e di Autorità. L’austerità della sala, la sua stessa impareggiabile storia, mi appare subito violentata da un cavo elettrico lunghissimo che qualche incauto tecnico ha sistemato, così come facevano i nostri avi nelle loro case di campagna, perpendicolarmente lungo tutta la parete posta proprio di fronte all’ingresso. Sono entrato tante volte in quella sala ma questa è la prima volta che noto quello scempio; ci sono mille e mille altri modi per sonorizzare la storica sala; mi meraviglio che il soprintendente (ing. Gennaro Miccio) presente in sala, probabilmente preso dai problemi serissimi del Crescent, non abbia mai fatto caso a simile disgustoso esempio di tecnologia moderna applicata alla storia. Ma ritorno subito alla cerimonia del Circolo e incappo nella prima delusione: in sala non c’è nessuno dei massimi vertici delle tre banche (i direttori generali delle BCC Monte Pruno e Buonabitacolo e il presidente della Bcc Sassano); peccato!! Per l’ennesima volta è saltato il possibile accordo, non parlo di fusione dei tre istituti –me ne guarderei bene !!-, tra il potere economico e la cultura per specifici e ben individuati obiettivi; insomma di nuovo un salto indietro <<dalla luce al buio>>. Anche se, per dovere di cronaca, va rimarcato che per la Bcc Monte Pruno non solo al tavolo dei relatori è presente il dr. Antonio Pandolfo ma in sala ci sono anche il vice presidente e il presidente del Circolo Monte Pruno nel segno di un’apertura a 360° che non è stata colta e raccolta; poteva essere un buon inizio ma così non è stato. Mi richiama alla realtà del momento la voce ferma, serena e molto professionale del moderatore Lorenzo Peluso che riesce minuto dopo minuto ad entrare ed uscire dalle pagine del libro che viene presentato con una abilità strategica che, a mio avviso, non ha eguali in quanto riesce a modellare e quasi a modulare, per non dire suggerire, ai vari relatori la costruzione dell’intervento che andranno a proporre alla platea. La manifestazione è proprio all’inizio, si alza il presidente Felice Tierno per il suo intervento ed io sfoglio il libro che gentilmente mi è stato offerto con tanto di dedica personalizzata. Colgo subito il primo spunto di riflessione. Felice Tierno è il presidente del circolo più longevo (fatta esclusione per Giovanni Camera che resse il Circolo dalla sua fondazione nel 1886 fino al 1925) avendo assunto la presidenza nel dicembre del 2002. Una ragione deve pur esserci, mi chiedo. La ragione sta nel fatto che Felice Tierno ha trasformato la <<mission>> del circolo in una creatura che per la prima volta in assoluto <<fa cultura senza fare politica>>, insomma come dire che Felice Tierno pur ritenendo il circolo <<una sua creatura>> non l’ha mai utilizzata, non la utilizza e non la utilizzerà mai per aspirazioni personali. Facile da dirsi ma difficile da credersi; nel caso di Felice Tierno è proprio così. Difatti negli ambienti bene informati del Circolo da più parti si sussurra che il Presidente pretende con forza e convinzione il rispetto assoluto e senza tentennamenti del giuramento che ogni socio è tenuto a pronunciare al momento dell’entrata ufficiale nei ranghi degli iscritti: <<Giuro di essere fedele allo spirito che anima la vita del “Circolo Sociale Carlo Alberto 1886”, prometto di offrire il mio costante contributo per la realizzazione delle molteplici attività nelle quali esso è quotidianamente impegnato e di osservare, in ogni occasione, un contegno sempre ispirato a civile tolleranza e a solidarietà amicale>>. Un giuramento semplice e certamente lontanissimo da quello che probabilmente Giovanni Camera pretendeva dai suoi nuovi iscritti, ma quello era un Circolo con presenze massoniche molto influenti ed era soprattutto uno strumento personale e politico di grande impatto sulle comunità dell’epoca che veniva abilmente sfruttato e strumentalizzato con grande capacità mediatica dallo stesso Camera nelle sedi napoletane e romane. A distanza di 128 anni ci troviamo di fronte a due Circoli completamente diversi; quello di ieri impattò e fu brutalizzato dal fascismo nel 1925 perché esprimeva forti vincoli di potere personale; quello di oggi riesce tranquillamente a superare ogni barriera ideologica e naviga da destra a sinistra e viceversa con una totale autonomia del timoniere, Felice Tierno, che ha la grande capacità di <<esserci senza esserci>>, cosa questa ben difficile da realizzare, cosa che non seppe fare neppure il grande Giovanni Camera alla cui figura tutti noi dobbiamo comunque grande rispetto. Felice Tierno ha l’abilità del grande comunicatore, pur non essendo comunicatore, di incidere profondamente nelle scelte del Circolo ma di far partecipare a quelle scelte tutti coloro i quali hanno responsabilità in tal senso. Insomma Felice Tierno sta a Michele Sisto (storico personaggio del libro e nonno dell’autore) come entrambi stanno al Circolo. Difatti la figura più vicina a Felice Tierno è proprio quella di Michele Sisto che prima della drastica chiusura del Circolo nel 1925 tentò, probabilmente, con tutte le sue forze di combattere quell’essere mostruosamente classista di quella prima faccia del Circolo; non ci riuscì perché quel circolo era sostanzialmente massonico e fu costretto ad emigrare in Colombia, nella misteriosa Barranquilla, per far perdere le sue tracce. Sisto era un calzolaio e come tale, pur essendo un uomo di cultura, non poteva essere ammesso in un circolo che esprimeva il <<potere della classe>>. Di tutt’altro genere il Circolo di Tierno che, grazie a Felice, è riuscito a far prevalere l’idea dell’associazionismo multiculturale ed aperto a tutte le classi sociali rispetto a quelle <<pretenziosamente culturali>> del passato che nascondevano soltanto la rincorsa verso il potere assoluto. E chissà quanti “presunti uomini di cultura” turandosi il naso si sono allontanati dal nuovo Circolo interclassista di Felice Tierno che ha avuto la lungimiranza di <<aprire anche alle donne ed ai nuclei familiari degli iscritti>>; ma se la cacciata di Michele Sisto contribuì notevolmente alla chiusura del circolo, la fuoriuscita di questi novelli uomini di cultura contribuirà, invece, a far crescere ancora di più il Circolo Sociale Carlo Alberto 1886. Anche in questo passaggio storico, quasi epocale, sta la genesi e la spiegazione della lunga permanenza di Felice Tierno alla guida del prestigioso sodalizio. Ma se vogliamo essere sinceri fino in fondo bisogna precisare anche un altro aspetto distintivo tra Sisto e Tierno; il primo si lasciava andare ad affermazioni apodittiche <<Sono già 50 anni che leggo e pochi hanno letto come me>> (28 novembre 1951 in Colombia) perché il suo sogno di entrare nel tempio del Circolo non era mai divenuto realtà; il secondo meno incline ai proclami e senza fronzoli filosofici e/o citazioni letterarie, rifuggendo dalle affermazioni apodittiche svela che <<Nel momento in cui il libro vede la luce, è giusto e doveroso rivolgere un pensiero e un ringraziamento sincero a tutti coloro che, in forme diverse, ci sono stati vicini in questo lungo arco di tempo>>. Forse perché del Circolo è diventato Presidente, ma resta incontestabile il fatto che opera sempre e comunque soltanto per il bene del Circolo che ama, forse, più di se stesso. L’applauso scrosciante che il folto pubblico dedica all’immarcescibile Michele Pinto (avvocato, già ministro della Repubblica e segretario generale del Senato) mi riporta alla realtà del momento. Deve ancora intervenire l’autore del libro, Emilio Giordano, ma preferisco lasciare la sala per non ascoltare il suo intervento e non essere condizionato nella lettura dello splendido documento storico-politico-culturale che Felice Tierno e tutto il Consiglio Direttivo del Circolo hanno voluto con forza e caparbietà per dare nuovo slancio e lustro all’immensa <<storia con tante vite>> del Circolo Sociale Carlo Alberto 1886. In macchina mi lascio andare ad un’ultima riflessione che attiene la vera <<mission>> del Circolo che doveva essere e non fu <<sociale>> ma soltanto <<oligarchica>>. L’ottusità tipica dei personaggi del tempo, soggiogati ed accecati dai fumi e dallo sfavillio delle paillettes della sconvolgente e trascinante <<belle époque>>, non consentì a nessuno di loro, neppure al massone classista Giovanni Camera, di capire che era giunto l’inevitabile momento di rigenerare tutto e tutti perchè quell’epoca a cavallo della seconda rivoluzione industriale e la prima guerra mondiale, stava segnando un cambiamento epocale in quanto la cosiddetta <<oligarchia generazionale>> si andava trasformando in <<pluralismo sociale e democratico>>; un cambiamento che per affermarsi definitivamente ebbe, comunque, bisogno di una seconda guerra mondiale e di tantissimi sacrifici personali tra i due conflitti. Per tutto questo, con il mio solito linguaggio giornalistico diretto e senza fronzoli mi sento di poter affermare che il Circolo, quello vero e sociale, dopo la sospensione di venticinque anni (dal 1925 al 1950) e la lenta ripresa post bellica ha avuto la spinta giusta, democratica, popolare e, soprattutto, <<sociale>> soltanto dal 19 ottobre 2003, sotto la presidenza di Felice Tierno, per la vera costruzione di <<Una storia, tante vite>>.