La Federal Reserve americana cambia linee guida: più attenzione ai dati qualitativi che a quelli quantitativi. E in Europa?

 

Filippo Ispirato

Nell’ultima riunione della Fed, la banca centrale americana, tenutasi mercoledì scorso, la neo governatrice Yellen ha confermato la strategia di progressiva riduzione degli stimoli monetari sul sistema economico, mantenendo inalterati i tassi di interesse.

Fin qui sembra che non ci siano sostanziali modifiche alle precedenti indicazioni, chiamate forward guidance, della Federal Reserve, in quanto viene mantenuta una visione positiva sulla crescita negli Stati Uniti, che proseguirà per tutto il 2014 e a ritmo più sostenuto per il 2015. La crescita del PIL americano è prevista, infatti, attorno al 3% per l’anno in corso e sopra il 3% per l’anno prossimo.

L’elemento di novità, molto importante a nostro avviso, risiede nelle valutazioni e nelle motivazioni che guideranno le future mosse della banca centrale americana. Scelte e decisioni che verranno prese non più sulla base di dati quantitativi ma sulla base di diversi indicatori (situazione del mercato del lavoro, crescita dei mercati finanziari, pressioni inflattive e crescita del livello dei prezzi al consumo) sui quali verrà preso in considerazione il loro trend ed andamentale piuttosto che una semplice cifra target.

Un esempio su tutti servirà a chiarire le nuove linee guida della Federal Reserve e del Presidente Janet Yellen: è stato abbandonato il riferimento al calo del tasso di disoccupazione al 6,5% come soglia minima necessaria per considerare un primo rialzo dei tassi di interesse. Questo perché prendere a riferimento un dato indicativo come quello del 6,5%  negli ultimi anni ha perso la sua valenza e potere esplicativo, in quanto attualmente non riflette una reale crescita dell’occupazione superiore alle attese, quanto piuttosto un calo strutturale del tasso di partecipazione al lavoro. In parole povere considerare un successo il calo del tasso di disoccupazione non è sempre vero, in quanto il dato potrebbe nascondere semplicemente il fatto che sono sempre più le persone che smettono di cercare lavoro, in quanto sfiduciate dalla stagnazione economica. Per assurdo un calo del tasso di disoccupazione potrebbe, quindi, anche significare un peggioramento del quadro economico generale. 

La Yellen quindi manterrà ancora bassi i tassi di interesse a lungo termine, iniziando ad innalzarli solo nel 2015 e se le condizioni lo permetteranno, evitando bruschi rialzi, come in precedenza.

E l’Europa di Maastricht cosa ha fatto e cosa sta facendo per aiutare l’economia dei suoi paesi membri? Al momento il famoso tetto del 3% non sembra sia stato messo in discussione più di tanto; Grecia, Portogallo, Italia, Francia o Spagna che siano, devono rispettare rigorosamente i parametri fissati ormai più di dieci anni fa a livello centrale, in un periodo in cui il quadro economico mondiale era completamente diverso da quello odierno e i paesi emergenti non avevano ancora assunto le dimensioni colossali attuali.

Per aiutare nel compitino i paesi più indisciplinati, quelli dell’area mediterranea per intenderci, ci sta pensando la Troika (Unione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale) che, cifre , conti e bilanci alla mano, è pronta ad imporre manovre lacrime e sangue che richiedono sacrifici ai propri cittadini senza essere di ausilio all’economia reale, ma solo ai mercati finanziari, che brindano ai risanamenti di bilancio e al miglioramento momentaneo dei conti pubblici raggiunto quasi esclusivamente dalle privatizzazioni in corso (l’indice Athex della borsa di Atene, per fare un esempio, ha guadagnato dall’anno scorso ad oggi ben il 46%).

Non sarebbe più corretto per la ripresa economica e sociale dell’Eurozona prendere ad esempio la nuova linea di condotta degli Stati Uniti e concedere maggiore flessibilità alle politiche fiscali dei paesi membri?

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