Giovanna Naddeo
« Nessuna “Spoon River” dei poveri ha mai raccontato le loro storie »“Capo Stazione Potenza, treno 8017, fermo in linea tra Balvano e Bella Muro per insufficiente forza trazione, attende soccorso”: così era scritto nel dispaccio di servizio trasmesso con il telegrafo dalla stazione di Baragiano a quella di Potenza. E proprio da queste laconiche informazioni prende l’avvio una delle pagine più tragiche e per certi versi ancora oscure della Seconda guerra mondiale.
Momenti così terribili da meritare il giusto ricordo che oggi viene loro attribuito dall’avv. Gianluca Barneschi nel libro “Balvano 1944” (ed. Novecento), presentato ieri nella Sala Bottiglieri di Palazzo Sant’Agostino in un incontro moderato dal giornalista Alessandro Cecchi Paone, alla presenza del Presidente della Provincia Antonio Iannone, dell’Assessore ai Trasporti e Mobilità Cuozzo, del Sindaco di Balvano Di Carlo, ma soprattutto di tanti cittadini e scolaresche lucane. Un incontro in cui, grazie al potere della parola e alle numerose proiezioni di immagini tratte dall’ Archivio Storico delle Ferrovie dello Stato, l’avv. Barneschi rende nota a tutti, in particolar modo alle nuove generazioni, una pagina nera della storia italiana.
Quella notte del 3 marzo 1944, alle ore 00.50, il treno 8017, partito da Battipaglia e con destinazione Potenza, lasciò la stazione di Balvano. Prossima tappa Bella-Muro. Non vi giunse mai.
Il tratto tra i due paesi, distanti otto chilometri l’uno dall’ altro, era, allora, pieno di gallerie e le condizioni meteorologiche di certo non favorivano il viaggio: c’era stata pioggia mista a nevischio per tutto il giorno e per questo le rotaie erano molto umide. Giunto alla galleria Delle Armi, il treno perse velocità per poi arrestarsi completamente all’interno della galleria, lasciando soltanto gli ultimi due vagoni all’esterno. Quale fu la causa dell’arresto del treno? Le indagini non lo hanno mai rivelato con certezza: chi parla di umidità delle rotaie, chi della pessima qualità del carbone, chi ancora afferma che volontariamente il macchinista Espedito Senatore, prevedendo l’enorme quantità di gas tossici all’interno della galleria rilasciati dal precedente treno, avesse arrestato la marcia per tentare una manovra di retromarcia e salvare tutti i passeggeri. Tutto ciò ebbe l’esito opposto. Gli sforzi delle locomotive per riprendere la marcia svilupparono grandi quantità di monossido di carbonio e acido carbonico, facendo presto perdere i sensi al personale di macchina. In poco tempo anche la maggioranza dei passeggeri, che in quel momento stavano dormendo, venne asfissiata dai gas tossici che, in assenza di vento, potevano uscire dalla strettissima galleria solo tramite il piccolo condotto di aerazione. Il capostazione di Balvano, alle 5:25, fece distaccare la locomotiva del convoglio 8025 giunto in stazione e dispose una ricognizione della galleria indicata: ai soccorsi arrivati sul posto la situazione apparve subito molto grave, al punto da non poter rimuovere il convoglio a causa dei corpi abbandonati anche sulla banchina. Furono loro stessi ad aiutare una novantina di superstiti nelle vetture più arretrate, tutti recanti forti sintomi di intossicazione da monossido di carbonio. Con l’arrivo di una seconda squadra di soccorso, alle ore 8:40 venne liberata la linea e il treno finalmente recuperato. Il giorno successivo, il 4 marzo, furono scavate quattro enormi fosse antistanti il cimitero di Balvano dove furono seppelliti più di 600 vittime. Il numero preciso è impossibile da definire dal momento che, oltre ai numerosi passeggeri che avevano pagato il biglietto, tanti e tanti altri erano fuggitivi, contrabbandieri o più semplicemente povere persone in cerca di un po’ di pane in un’Italia afflitta dalla Seconda Guerra Mondiale.
Inizialmente, la vicenda fece gran scalpore: ne parlarono i quotidiani di Milano, Napoli, Lisbona, Londra, e poi il mondo intero. Persino il New York Times scrisse un articolo a riguardo. Nel Consiglio dei Ministri del governo Badoglio, convocato qualche giorno dopo proprio a Salerno, capitale del Regno del Sud, il ministro ai trasporti Siciliani parlò a lungo della vicenda. Furono avviate numerose indagini da parte della magistratura italiana ed anglo-americana. Poi calò di colpo il sipario. Di botto. Nessuno fu riconosciuto colpevole e ci fu solo silenzio. Un silenzio lungo circa sessant’anni, finché, con grande coraggio, l’avvocato Barneschi, proveniente dall’Italia centrale, ha preso a cuore la vicenda e ha deciso di riportarla alla luce dopo anni e anni di oblio. Anche Cecchi Paone è della stessa opinione: “ Perché si parla molto spesso, anche troppo, di sciagure come il Titanic mentre la tragedia di Balvano è stata rimossa completamente?!!”. E ancora: “ Io stesso realizzerò a breve un documentario televisivo su quest’atroce vicenda. Per non dimenticare”.
Per non dimenticare le persone morte in quella tragedia, dando voce ai tanti deceduti senza neanche essere poi identificati.
Per non dimenticare un’Italia afflitta da povertà e sofferenza, dolore e sciagure, pronta a tutto pur di conquistarsi il pane.
Per non dimenticare una strage senza precedenti, per troppo tempo rimasta all’ombra.
Per non dimenticare.
Articolo di ottima fattura con doveroso risalto umano.
Un articolo preciso, esaustivo e molto pregnante anche dal punto di vista umano ed emotivo. Ma al di là di tutte le certezze e le contraddizioni, nonchè dei fitti misteri di questa inquietante vicenda, c’è un fatto assolutamente strano e, forse, inspiegabile. Si parla sempre e comunque (forse anche giustamente !!) della stazione di Balvano da dove il treno era partito alle ore 00.50 del 4.3.1944 (perchè a quell’ora era già il 4 di marzo !!) e non si parla mai della stazione di Bella-Muro dove il treno era atteso per una nuova fermata e da dove, presumibilmente partirono anche alcuni soccorsi dopo qualche ora dal disastro già avvenuto. Dal convegno di Salerno è uscito, ora, anche il nome della stazione di Baragiano che era ed è molto meno importante di quella di Bella-Muro e che, comunque, era ed è la stazione che il treno avrebbe raggiunto dopo essersi fermato a Bella-Muro. Perchè, dunque, il nome della stazione di Bella-Muro viene puntualmente e, forse scientificamente ed artatamente, taciuto ? Qual è stato, se c’è stato, il rapporto tra quelle due stazioni subito dopo l’avvio del treno da Balvano ? Ci furono, come all’epoca previsto, le comunicazioni di consegna e ricezione via telegrafo del convoglio ? E, infine, cosa fece il capostazione di Balvano, dopo aver consegnato il treno 8017 alla stazione di Bella-Muro, prima delle ore 5.25 quando riappare sulla scena per l’arrivo del convoglio 8025 ? Tutte domande che qualcuno dovrebbe cominciare a porre se davvero si vuole fare chiarezza, quella possibile a distanza di settanta anni dalla immane sciagura.