GENOVA (17.03.14) – Quando ero al Liceo (metà degli anni ’60) la Scienza sonnecchiava tra la bella lezione di Chimica di un prete (che pure era una lezione “out the Lab”) e la lezione di Fisica della docente (proveniente peraltro dal corso di Laurea in Fisica) che, in assenza di laboratorio e di fantasia, leggeva il vecchio libro del Pietro Silva. Tutto sommato un libro non troppo malaccio perché non mescolava epistemologia, storia di basso livello e una didattica atta a mistificare i concetti “semplici” come trovo in un testo di tre Autori che va oggi tanto di moda. Un libro che andava subito ai concetti elementari senza voli pindarici e che non produceva pertanto danni collaterali. Poi, diventato io Docente, nessun libro di Liceo che mi veniva proposto andava bene. Troppa dispersione prima di arrivare ai concetti di base. Già, perché a differenza della mia docente al Liceo, a me non mancava la “fantasia” e un laboratorio che molti ci avrebbero invidiato. Pertanto la lezione si svolgeva parallelamente all’esperimento d’aula (Demonstration Experiment lo chiamano gli addetti al mestiere). Era probabilmente il male minore, in tre ore settimanali, per cercare di rendere semplici ciò che altri trovavano “difficile”. Così finii per fare lezione dando un’occhiata al vecchio Halliday and Resnick, producendo appunti per gli studenti (specie dopo l’avvento dei primi 4 personal computers nel lontano 1983) e dichiarando incautamente: “potete anche risparmiarvi il libro di testo, tanto toccherete, vedrete e avrete un po’ d’appunti”. Affermazione questa, incauta e pericolosa che provocò pure uno spiacevole malinteso con un libraio… Già, perché da noi, anche se la norma non è scritta né in alcun “Decreto Legislativo”, né in alcuna Ordinanza e/o Circolare, il libro di testo è una istituzione vecchia come è vecchia la nostra Scuola. Immaginate di spazzare via un 80% dei docenti attuali e sostituirli con dei neolaureati … pure privi di esperienza didattica svolgerebbero il loro compito senza sbuffare infastiditi, senza leggere maniacalmente il libro di testo e, probabilmente, producendo meno danni al “sapere”… Nei miei ricordi (risalgono a fine anni ’80 quando le gare di “formula 1” erano noiosamente proposte in TV) c’è una vecchia questione riguardante l’attrito (la forza che rallenta il moto di due corpi a contatto come un mattone lanciato su un pavimento che decelera e dopo un po’ si ferma). In un (peraltro ottimo) testo liceale era affermato “…il coefficiente d’attrito μ (…) è adimensionale e minore di 1”. Così pure recitavano altri testi mentre altri (meno onestamente) non conclamavano nulla ma mettevano tabelle con coefficienti d’attrito (statici e dinamici) sempre minori di 1. Allora scrissi una nota didattica per una rivista di Fisica nostrana con una semplice esperienza dove si dimostrava come le “tre leggi dell’attrito” erano solo buone per il problem solving e che si potevano avere coefficienti d’attrito anche ben maggiori di 1. Ricordo di avere preso un ritaglietto di carta abrasiva fine, di averla messa su un foglio analogo e di averlo inclinato ben oltre 45° sotto gli occhi della mia collega, significandole così, in concreto, che le stavo mostrando un caso in cui il coefficiente d’attrito era (ben) maggiore di uno. La risposta fu: “eh, ma sul libro c’è scritto così…”. Ritornai tranquillamente dai miei studenti certo che non avrebbero avuto difficoltà ad accettare due semplici concetti:
a) Il libro di testo può contenere errori;
b) Una buona misura vale più di qualunque “verità” conclamata;
c) Erano loro stessi (appassionati di “formula 1” a leggere articoli su coefficienti d’attrito gomma/asfalto con valori intorno a 1.4 …”
Chissà se la mia collega sapeva di questi interessi sportivi dei suoi studenti… anche se ne fosse stata a conoscenza, temo che il libro di testo avrebbe prevalso lo stesso…: “Ipse Dixit”.