Antonio Citera
SALERNO – Si è tenuta questa mattina davanti al GUP Dolores Zarone, la prima udienza del processo Chernobyl che ,vede imputate 39 persone per un presunto traffico di rifiuti tossici interrati anche in alcune località del salernitano e nel Vallo di Diano. Un processo che, cominciato a Santa Maria Capua Vetere, fu trasferito al tribunale di Salerno per non competenza territoriale. Un iter lunghissimo che, secondo il parere di noti esperti, rischia di essere prescritto come già avvenuto per altri procedimenti simili. Un processo che vede come parte civile: Legambiente, Coldiretti, le Province di Napoli, Caserta e Salerno, la Regione, il Codacons Campania, l’Adiconsum, il comitato “Ponte Barizzo” di Capaccio, la comunità montana “Alto e Medio Sele”, il consorzio di bonifica “Vallo di Diano-Tranagro”, i comuni di Sala Consilina, Sassano, Casalbuono, Monte San Giacomo, Montecorvino Rovella, Teggiano, Polla, Santomenna, Castelnuovo di Conza, San Rufo, Sant’Arsenio, San Pietro al Tanagro, Atena Lucana. Gli avvocati della difesa, continuano a ribadire che, “il fatto non sussiste” perchè i rifiuti non sarebbero tossici e quindi chiedono il proscioglimento per i loro assistiti.“ Un botta e risposta con l’accusa che ne chiede il rinvio a giudizio. Accusa rappresentata in primis dal PM Donato Ceglie, lo stesso che nei giorni scorsi è stato coinvolto in uno scandalo a luci rosse. Concussione e violenza sessuale, Ceglie, secondo l’accusa, avrebbe preteso sesso dalla moglie di un arrestato, Maria Rosaria Granata. Una storia ancora tutta da definire, Ceglie è indagato e il giudice dovrà decidere se rinviarlo a giudizio, e quindi a processo, oppure proscioglierlo. Contro Ceglie le accuse del pubblico ministero Barbara Sargenti di Roma. Questi ovviamente sono solo contorni che nulla hanno a che vedere col processo Chernobyl e, con l’etica professionale del magistrato che, ha lottato fino in fondo per cercare quella verità nascosta, anzi, interrata, che almeno nel Vallo di Diano, sembrerebbe dar ragione alla tesi della difesa degli imputati. Da perizie fatte da tecnici mandati dalla Procura, risulterebbe che, nel comprensorio Dianese e, specificatamente nei luoghi segnalati e messi alla sbarra, non ci sia traccia di rifiuti tossici ma, bensì di residui catalogabili nella fascia dei più comuni “rifiuti pericolosi”. Il processo, se si farà, dovrà accertare proprio questo, ma i più, in virtù di scenari già scritti, danno per scontata la prescrizione. La prossima udienza è stata fissata per il 20 di febbraio. Seguiremo gli sviluppi.