Aldo Bianchini
SALERNO – Un attento commento del noto giornalista Michele Pierri (originario del Vallo di Diano) ha riportato all’attenzione nazionale, nei giorni scorsi, un articolo apparso sul “The Wall Street Journal” dal titolo <<L’Italia trivella per far fronte alla crisi>>. Il notissimo giornale statunitense dedica ampio spazio alla regione Basilicata e alla Val d’Agri definita “il Texas italiano” per i suoi giacimenti di petrolio. In effetti la prestigiosa testata giornalistica svela anche i piani del governo italiano guidato da Enrico Letta in merito alle <<materie prime che potrebbero rimpinguare le vuote casse dello Stato e finanziare la spesa pubblica utile alla ripresa>>. Il WSJ scrive testualmente che “”Il governo italiano, affamato di entrate, a caccia disperata di nuovi posti di lavoro e di politiche che sconfiggano la recessione sta cercando di sgombrare la strada perché l’Eni e le altre grandi compagnie petrolifere possano accelerare le trivellazioni“. Questo dopo che “per anni i governi locali hanno ostacolato la produzione tra le proteste e le preoccupazioni sui possibili danni all’industria del turismo e all’ambiente””. In effetti il giornale degli States pone, in poche righe, diverse problematiche, dal turismo all’ambiente fino alle proteste della gente. Il problema principale, però, resta quello culturale, cioè capire una volta per tutte se accettare modici rischi in cambio di una ricchezza senza limiti in quanto, sempre secondo gli esperti americani, nelle viscere della terra tra la Val d’Agri e il Vallo di Diano ci sarebbe tanto petrolio da rendere quasi autosufficiente l’intero fabbisogno nazionale con ripercussioni favorevolissime sull’economia e sulla ripresa dell’intero Paese. Il WSJ continua svelando che “”Ora che ai governi locali e alla regione è stato promesso di partecipare in larga misura alla condivisione degli utili il governo spera di smorzare l’opposizione a nuove trivellazioni. L’obiettivo è di raddoppiare la produzione nazionale annuale di petrolio e tagliare il costo delle importazioni energetiche di circa un quarto entro il 2020””. In pratica il giornale americano sostiene che l’entrata in scena in maniera pesante delle “Royalties” potrebbe sbloccare la situazione di stallo che continua a permanere sulla base delle fuorvianti azioni popolari di contestazione senza se e senza ma. Il quotidiano, ovviamente, si lancia anche in stime delle riserve petrolifere e degli effetti positivi nel prossimo futuro che: “”… con una stima di 1,4 miliardi di barili l’Italia è il terzo Paese in Europa per quel che riguarda le riserve di petrolio dietro solo alla Norvegia e al Regno Unito. Un dato positivo per un Paese tutt’altro che autonomo sul fronte dell’energia, per la quale dipende in larga parte dalle importazioni. Ma i giacimenti lucani possono anche essere un modo per attrarre quegli investimenti esteri che l’esecutivo di Letta cerca di avvicinare con il piano governativo Destinazione Italia. Ad essere interessati agli investimenti in Basilicata oltre all’Eni, ci sono anche Total, Shell e la giapponese Mitsui. Compagnie che stanno investendo 1,6 miliardi di euro in sforzi per sfruttare un campo vicino chiamato Tempa Rossa, che secondo ulteriori stime conterrebbe da solo 440 milioni di barili di riserve recuperabili. Questo, a detta dei dirigenti petroliferi, ne farebbe il più grande giacimento onshore non sfruttato in Europa occidentale””. Il problema, quindi, a ben vedere è di una importanza fondamentale per il nostro Paese; ma l’interesse nazionale (e dunque anche il nostro !!) è contrastato da un solo uomo: Franco Ortolani, geologo molto spendibile nel Vallo di Diano, che porta avanti a testa bassa la sua teoria di terrore contro ogni altra spiegazione, più o meno logica, di tanti altri esperti che seguono altre linee scientifiche. Al di là del fatto culturale bloccato sulla chiusura totale verso le trivellazioni sperimentali (figurarsi i pozzi veri e propri !!) si resta addirittura esterefatti per l’atteggiamento di rifiuto anche al solo ascolto di altre “linee di pensiero”. Quì non si tratta di non riconoscere i rischi che sono intrinsechi in ogni tipo di attività estrattiva ma nessuno vuole riuscire non dico a capire, ma anche soltanto a discuterne. Non è un’eresia se si afferma, come hanno già fatto numerosi esperti, che il possibile inquinamento derivante dalle trivellazioni e dalle successive estrazioni non è superiore all’inquinamento che produce, nel solo Vallo di Diano, il fumo che esce dalle migliaia di camini domestici esistenti sul territorio che aggiunto all’inquinamento prodotto dai milioni di cicche di sigarette lasciate per terra rasenta livelli di grossa pericolosità sociale, senza ricordare il problema dei rifiuti più o meno tossici sepolti in più zone del Vallo. Ma per alcuni dire queste cose è come dire baggianate, senza curarsi che il petrolio potrebbe essere la risoluzione di tantissimi problemi. In America, ma anche in Germania o in Francia, in presenza di giacimenti come quelli della Val d’Agri avrebbero già fatto trivellazioni nel pieno centro di Manhattan, altro che storie. Ma, ovviamente, c’è di più. Più di qualcuno (sempre esperti !!) sostiene che i giacimenti della Val d’Agri siano soltanto la “bocca di uscita” dei più grossi e sostanziosi giacimenti esistenti nel sottosuolo del Vallo di Diano. E questo è quanto dire.
le trivellazioni vanno fermate subito e chi è daccordo con esse invece andrebbe perseguito per disastro ambientale aggravato e crimini contro l’umanità. Fatevi un giro in Basilicata è ve ne renderete conto