MPS: quanto è difficile mollare l’osso.

Renato Messina

renatomessina87@gmail.com

Sabato 6 dicembre è stata resa pubblica la posizione della Fondazione Monte dei Paschi a proposito dell’aumento di capitale nella banca di cui la fondazione è ancora il principale socio. Il comunicato (http://www.fondazionemps.it/ita/comunicati_dettaglio.asp?anno=2013&idcom=480&t=rs) è molto chiaro riguardo a ciò che la Fondazione chiederà all’assemblea, ovvero posticipare l’aumento di capitale. Potrà quindi sorgervi il dubbio sul perché questo dettaglio sia così importante. La spiegazione è semplice e rintracciabile nello stesso comunicato della Fondazione.  L’Ente senese riferisce che “alla base della richiesta vi è, la considerazione che l’attuale e contingente situazione finanziaria della Fondazione, e la sua conseguente incapacità di esercitare, in tutto o in parte, i diritti di opzione rivenienti dalla partecipazione detenuta non potrebbero che rendere più complessa e rischiosa l’intera operazione”. La Fondazione in poche parole dice di non avere abbastanza soldi per poter conservare la stessa quota di controllo e chiede più tempo.  questa posizione è comunque compresibile. Il problema sorge quando a questo comunicato si aggiungono le parole della relazione del Presidente della Fondazione Antonella Mansi, riportate da Claudio Giammarioli su un articolo de IlSole24ore del 7 dicembre. La responsabile dice che il mancato rinvio dell’aumento di capitale potrebbe essere un problema per il “sistema Paese”, potendosi verificare “imprevedibili” assetti proprietari della banca, la quale detiene 26 miliardi di titoli di stato italiani. In pratica la Fondazione sta portando avanti una sottile minaccia: “Attenti italiani! Se non sarò più io a controllare la banca chi se li tiene in pancia 26 miliardi di debito pubblico italiano?”. Di conseguenza ciò che viene più naturale chiedere è: “Perchè sono stati comprati così tanti titoli di debito pubblico?”. E’ evidente infatti che se il pericolo è che un nuovo proprietario (non legato in nessun modo alle vicende politiche italiane)  si liberi di tutto o parte dei titoli italiani, sia perchè acquistarli non fu una scelta dettata dal senso degli affari ma da qualcos’altro. Le dichiarazioni del presidente della Fondazione sono l’ennesima palese ammissione che fino ad ora la banca non è stata gestita secondo criteri di mercato e di efficenza, ma solo di sottomissione alla Fondazione. La cosa grave è che, di conseguenza, la Fondazione chieda ancora tempo per poter continuare  a trovare il modo di controllare la banca, ritardando la fine del principale problema della banca Monte dei Paschi: la sua dipendenza da un ente politico, quale è la Fondazione. La posizione del Presidente dell’Ente non è solo una (inutile) minaccia agli italiani, ma anche un tentativo di ricatto nei confronti degli altri soci della banca. A questo punto non è più ammissibile un comportamento di questo genere, portato avanti dall’organizzazione che è stata causa del problema che la banca ha vissuto. E’ assurdo pensare che il principale socio che ha governato la società, portandola al disastro, si ostini con questi metodi a “non mollare l’osso”. Se anche un nuovo proprietario vendesse tutti i titoli di debito italiani detenuti da MPS (improbabile che li venda tutti nello stesso momento) ne soffrirebbe lo spread, ma evidentemente (come ammette indirettamente anche la Fondazione) farebbe il bene di una delle principali istituzioni finanziarie del paese.

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