SALERNO – In un negozio di Salerno ho avuto modo di scambiare alcune parole con la proprietaria su Nelson Mandela e sulla data dei funerali previsti per il 15 dicembre prossimo. Mentre dialogavamo è intervenuta una commessa che candidamente ha esordito dicendo “Ma chi è questo Mandela ?”. Non so fino a che punto arriva l’ignoranza della lavoratrice ma quella strana uscita mi ha fatto riflettere molto sull’uomo e sull’immagine di colui il quale ha, praticamente da solo, sconfitto ed archiviato per sempre l’odiosa apartheid che per secoli ha primeggiato nel sud Africa e nel mondo intero. In pratica il mitico Mandela ha avuto sempre la capacità di “essere senza esserci”; anche in quei maledetti 27 anni di carcerazione di quell’ingiusta condanna all’ergastolo comminatagli dal tribunale di Pretoria pur senza esserci fu sempre presente nel pensiero e nell’azione della gente che lo amava al di là di ogni ragionevole dubbio. E di dubbi, ovviamente, ce ne sono stati anche nella lunga, impegnativa e travagliata vita di “Madiba”, come lo amava chiamare il popolo della sua tribù di origine. Era arrivato alla carica di “capo dello stato” quando aveva già 76 anni, pochi anni dopo la sua liberazione maturata a furor di popolo. Nel pranzo di gala per la sua elezione, nel 1994, volle seduto accanto a se il suo carceriere e la di lui moglie, probabilmente per dare a tutti una lezione di civiltà, di comprensione e di amore. Nel 1999, stranamente e contro ogni aspettativa, rinunciò alla candidatura per un nuovo mandato presidenziale per ritornare agli studi ed al suo innato ed insopprimibile senso di libertà. E’ stato temuto e rispettato, mai odiato. Tra i momenti più intensi della vita di Nelson Mandela c’è il discorso che pronunciò nel 62 davanti ai giudici che lo volevano condannare e che lo condannarono: “Questi sono i miei ideali – disse – per i quali sono disposto a lottare e se necessario a morire”. E poi nel febbraio del 1990, quando Mandela ultrasettantenne uscì di prigione in un’età in cui la vita va verso la sua conclusione e per lui iniziò invece il periodo più glorioso alla presidenza del Sudafrica. Da qualche giorno l’Africa sarà un paese più angosciato e meno unito. Le leggi dell’apartheid discriminavano l’accesso al lavoro in base all’appartenenza razziale, vietavano i matrimoni tra persone di razze diverse, istituivano veri e propri “ghetti” (chiamati bautustan) in cui veniva relegata la popolazione nera, che in questo modo era sottoposta ad un forte controllo da parte del Governo. Nel 1912 fu fondato l’African National Congress (ANC) da un’organizzazione di neri, per contrastare l’apartheid. Il governo rispose violentemente con la repressione, sopprimendo le organizzazioni che lottavano per eliminare le differenze razziali, ma dovette cedere quando il Sudafrica venne isolato e condannato a livello internazionale proprio a causa dell’apartheid. Le cose cominciarono a cambiare dagli anni settanta, quando il governo permise alle rappresentanze sindacali dei neri di entrare in politica. Le Nazioni Unite intervennero a condannare apertamente la politica razziale dell’apartheid nel 1961. Le pressioni internazionali per fermare l’apartheid giunsero anche da altri settori, come quello sportivo: il Sudafrica venne escluso dalle Olimpiadi nel 1980, e qualche anno prima, nel 1976, l’Africa boicottò le Olimpiadi in segno di protesta. Nel 1984 fu promulgata una Costituzione che attribuì la rappresentanza parlamentare solo ai bianchi e ai “coloured”, mentre ai neri non fu estesa tale possibilità. Nel 1990 fu eliminata la condanna nei riguardi dell’African National Congress, ed il presidente Frederick de Klerk liberò Nelson Mandela, il fautore della lotta contro l’apartheid. Nel 1993, proprio grazie all’intervento di Mandela, il Sudafrica gettò le prime basi per la democrazia. Nel 1994 Nelson Mandela fu eletto presidente del governo, che comprendeva al suo interno anche il Partito Nazionale. Mandela è stato il primo presidente nero in tutta la storia del continente sudafricano. Ora riposa in pace per sempre.