SALERNO – Domenica 1° dicembre, ore 11.50, arrivo trafelato in Piazza Ferrovia, con qualche minuto di ritardo sulla mia personale tabella di marcia, sono diretto a Milano, ma Italo (il super treno !!) non aspetta. Ce la faccio giusto in tempo, appena salgo, il tempo di riporre la valigetta e di sedermi che il treno parte. Mi guardo intorno, scruto, cerco di vedere e di capire con chi viaggerò probabilmente fino a Milano. Proprio di fronte a me, sull’altra fila di poltrone, noto una presenza femminile a me nota. Giro lo sguardo per non fare notare la mia attenzione, bassina, qualche chilo di troppo, capelli rossi, quella donna sembra proprio lei: Ilde Boccassini (salernitana-cilentana doc, procuratore aggiunto di Milano, nipote del procuratore di Vallo della Lucania Nicola Boccassini e cugina del gip salernitana Elisabetta Boccassini). Senza insistere troppo con lo sguardo seguo attentamente ogni suo movimento, non mi faccio notare ma il mio sguardo è costantemente su quella che credo essere l’alto magistrato. Si sta sistemando al suo posto, viaggia con altre tre persone (tutti maschi e dall’aspetto più giovanile). Le prime parole che percepisco sono inquietanti; la signora mentre si siede dice: “però queste poltrone di Italo sono veramente scomode, altra cosa quelle di Freccia Rossa, ve lo avevo detto …”, nessuno la risponde. Passa qualche minuto e capisco che la signora non è la Boccassini quando dice: “Domani mattina ho una riunione in consiglio di amministrazione …. a Torino …”, non capisco di quale grande azienda si tratti. Anche se deluso continuo ad osservarla. Poi per lunghi minuti tra i quattro una conversazione molto fitta ma a voce bassissima. Dopo la fermata di Napoli la prima doccia fredda sulla città di Salerno. La signora riceve la colazione (un caffè e qualche altra cosa) ed a voce più alta dice: “Questa colazione è uno schifo. Quasi come la cena di ieri sera nel ristorante … sul lungomare di Salerno. Possibile che per due pescetti mi hanno scroccato la bella cifra di 50 €”. Mi concentro e cerco di ascoltare meglio. I quattro quasi tacciono, poi fortunatamente parla il più giovane della compagnia e rivolto alla signora dice: “Guarda che non è proprio come dici, in due abbiamo mangiato l’antipasto di mare, il primo, il pesce al forno ed anche il caffè finale ed abbiamo pagato complessivamente 52 € che non mi era sembrato un prezzo molto oneroso, oltretutto il ristorante era anche accogliente…”. Mi sono rasserenato un po’; conoscendo la proverbiale <<non cultura dell’accoglienza>> dei ristoratori salernitani mi ero quasi convinto che la ormai odiosa signora torinese, falsa e cortese, avesse ragione. Ma la signora non ha mollato e con fare quasi schifato è andata giù forte: “Ma quale accogliente, quella è gente che non sa neppure dove sta di casa il buon servizio. E poi l’albergo, per carità l’albergo, enorme e lungo, che non ha niente del profilo della nave come ci aveva descritto l’agenzia; doveva essere sul mare ed invece c’è di mezzo una strada molto trafficata e pericolosa; per carità non scenderò mai più in quell’albergo che può essere discreto solo per i congressi … e quello che dico l’abbiamo toccato con mano … un servizio pessimo, dalle camere al ristorante, probabilmente questi servizi essenziali sono stati affidati a ditte esterne … ma si può, ditemi se si può !!”. Silenzio tombale da parte degli altri tre che, verosimilmente, conoscono bene la loro interlocutrice e cercano di non farla alterare più di tanto in quanto gli sguardi di diversi viaggiatori sono oramai puntati su quel gruppo mentre stiamo transitando per Roma. Ma non c’è niente che possa fermarla: “Salernoooo!!, per carità Salerno è una città bella da vedere soltanto in cartolina, è piena di cafoni, a cominciare dal suo sindaco cafone che urla sempre da solo con quelle sue luci …per carità le luci … ma che luci sono quelle lì … mica sono le luci della mia Torino … ma va là … sarebbe meglio che per le strade camminassero branchi di pecore” e con una mano porta il cellulare all’orecchio. Non ce la faccio più, del sindaco si può dire tutto tranne che sia un cafone (mica lui è un giovinastro che scorazza per le vie della città), oltretutto è anche il mio sindaco; sollevo il braccio destro e con l’indice dritto attiro l’attenzione della signora torinese: “Mi scusi signora se ho ascoltato la sua conversazione, ma se lei continua a parlare ad alta voce non solo disturba me e gli altri viaggiatori ma si espone anche ad una doverosa replica per le sue farneticanti dichiarazioni sulla mia città, sono di Salerno, e sul mio sindaco; e poi le voglio precisare che Salerno non è affatto una città di cafoni e neppure di pecore”. La signora si blocca, colgo lo sguardo di approvazione dei suoi tre compagni di viaggio, poi con voce sensibilmente stridula sussurra: “Le chiedo scusa per il disturbo e per le pecore ma, stavo guardando fuori ed ho visto in uno splendido prato verde tantissime pecore, mi creda non alludevo a Salerno ed alla sua città”. Mi fermo, ritengo inutile continuare la discussione, non porterebbe a niente. Scendo a Milano non senza aver rivolto un ultimo sguardo duro verso la torinese; mentre centellino il caffè rifletto e penso che, comunque, la signora non aveva tutti i torti almeno per quanto riguarda il senso di ospitalità e la cultura dell’accoglienza che in città manca davvero ed anche, perché no, per le luci.
direttore: Aldo Bianchini