SALERNO – Ma chi sono i “Grillini” ?, è una domanda che in tanti si pongono, per strada, nei bar, nei salotti culturali e semplicemente stando seduti davanti alla tv. E’ la classica domanda dalle cento pistole; dunque non è assolutamente facile rispondere. <<Loro sono quello che fanno, ed è accaduto quanto doveva accadere. Né più né meno. Loro, i grillini, anzi il Movimento 5Stelle, votanti e votati, sono esattamente come appaiono. Giovani, ma non giovanissimi, precari ma non disoccupati, tecnici, ma non esecutivi, impiegati, ma non placati, cattolici, ma non subalterni, laici, ma non ideologici. Soprattutto digitali, ma non smanettoni>>. Così li descrive lo scrittore di sinistra Michele Mezza nel suo ultimo lavoro letterario dal titolo “Avevamo la luna” che fa la disamina dell’Italia del miracolo economico sfiorato visto cinquant’anni dopo; lo scrittore analizza tutti i passaggi storico-economici fo9ndamentali da Giovanni XXIII a Francesco, da Olivetti a Marchionne e da Moro a Grillo (Donzelli editore – Roma). Un’analisi che mi sento di condividere in buona parte; la condividerei tutta se non fosse per la matrice radical-comunista dell’autore. Ma chi sono i grillini, soprattutto dopo l’ultimo “V-day” del 1° dicembre 2013 nella città del suo ispiratore, Genova ? La prima risposta viene data direttamente dai numeri del V-day, oltre quarantamila hanno affollato la piazza intorno al palco su cui ha imperversato l’arte oratoria di Beppe Grillo subito dopo il saluto di Dario Fò. La seconda risposta può essere compendiata nel fatto che “il popolo dei grillini” è un movimento della rete, ma stranamente non sulla rete. Per certi versi i % Stelle nonn sono dissimili dalle primavere arabe. Anche in quelle terre è sorto un movimento di protesta, composto da giovani, professionisti ed emarginati; è stato detto che eravamo di fronte alla rivoluzione di Facebook, niente di più deviante. La politica spinge in questo verso, ma quel movimento arabo (e ancora più Grillo) non cresce perché usa la rete per parlare, ma perché usa la rete per produrre. Infatti, come nel movimento arabo, anche per il grillismo, abbiamo di fronte un corposo nucleo di operai del web: informatici, mediatori, broker, insegnanti, amministratori, imprenditori; un nucleo che fonda e forma la cosiddetta “aristocrazia operaia di Grillo”. Ma così non è, perché attorno al nucleo principale si sta rapidamente raccogliendo un miscuglio di ceti e figure sociali convergenti: giovanissimi irridenti (e non produttivi !!), giovani ambiziosi (e disposti a tutto !!), famiglie silenziose (e pronte a cambiare idea !!), anziani ignorati (e disposti a rapide conversioni !!), e lavoratori in esubero (e pronti a schierarsi per convenienza !!). E’ vero che il movimento si è aggregato ma il tutto sembrerebbe essere avvenuto più per una esigenza di pura contestazione fine a se stessa che per una esigenza politico-costruttiva e riformatrice di cui il Paese ha tanto bisogno in questo momento drammatico di pesantissima crisi economica e sociale. Ma il movimento, comunque, piaccia o non piaccia, esiste e come. Anche se ogni volta che Grillo cerca di imporre un metodo leninista subito perde pezzi e capacità di guida; perde quei pezzi che grazie anche e soprattutto a lui sono arrivati dove non pensavano mai di arrivare, ma non perde (ancora !!) credibilità nell’immaginario collettivo della gente, anzi più caccia qualcuno fuori dal movimento, più guadagna consensi. La parola d’ordine vincente è “la rete” che è estranea ai salottini ed ai tinelli dove si annidano gli staff dei decisori, è estranea ai sobborghi del potere ed ai riti delle terrazze, dello scambio di privilegi, di mance, di mazzette, di prevaricazioni. Questa in sintesi è la cultura della rete che è probabilmente simile ad ogni opposizione che si contrappone ai poteri costituiti; per questo fa presa rapidamente. La gente ha uno strano rapporto di odio-amore con il potere; lo ama quando ce l’ha, lo odia quando non può averlo. I nuclei storici dei grillini, innanzitutto quelli dell’Emilia e del Piemonte, sono entità che non hanno nulla da chiedere alla politica per se stessi ma vivono autonomamente in circuiti professionali o formativi. Si tratta, in effetti, di ceti sociali che vivono di competenze, specializzazioni settoriali, flessibilità nell’uso del proprio tempo, controllo delle ambizioni di consumo, versatilità nel muoversi nel Paese e fra i Paesi. Quanto durerà il movimento e, soprattutto, di quanto crescerà ? Ognuno dia la sua risposta; la realtà la valuteremo nei prossimi mesi.
direttore: Aldo Bianchini