SALERNO – Secondo i magistrati Cosimo D’Andrea sarebbe stato uno dei più potenti capi della criminalità organizzata salernitana, e non solo. Il condizionale al passato è d’obbligo in quanto molte delle accuse pesanti non sono mai state provate e portate a sentenza definitiva e poi perché Cosimo è morto il 19 dicembre 2001. E’ morto pochi mesi dopo essere stato interrogato nel carcere di Opera a Milano dal sost. proc. antimafia di Salerno, Antonio Centore, il giorno 19 luglio 2001. Un interrogatorio di circa 150 pagine che, in pratica, non dice quasi nulla; come se il ricordo di D’Andrea non fosse stato adeguatamente sollecitato o, invero, come lo stesso D’Andrea non fosse in quella specifica sede disponibile a parlare per dire tutto quello che presumibilmente sapeva. Qualche messaggio trasversale, ovviamente, Cosimo lo lancia anche se non hanno sortito effetto alcuno perché molto vaghi e stranamente superficiali. Del resto il personaggio D’Andrea era proprio quello che promana da quel lungo interrogatorio: una persona assolutamente cosciente delle sue potenzialità ma altrettanto non disponibile ad assumere la veste del delatore, soprattutto se non convinto che le sue rivelazioni avessero avuto l’effetto esplosivo desiderato. Un interrogatorio quasi inutile, quello nel carcere di Milano, anche e non soltanto perché gli unici timidi messaggi esplorativi lanciati da D’Andrea contro l’apparato di potere esistente nella città di Salerno, non hanno avuto gli effetti che sperava. Poi la morte, sopravvenuta il 19 dicembre 2001, ha sepolto per sempre insieme al suo corpo anche i segreti (alcuni dei quali inconfessabili !!) che hanno accompagnato la vita e l’escalation socio-imprenditoriale del dottor Cosimo D’Andrea. Aveva avuto dalla natura il dono innato del fiuto degli affari e su quello aveva costruito un impero economico-imprenditoriale senza precedenti; poi le prime devastanti accuse e la presunta deriva verso lidi innominabili. Fu addirittura accusato di essere il mandante dell’omicidio di Virgilio Colangelo, uno dei più spietati – lucidi e freddi killer della camorra campana. Nel corso del lungo viaggio per la costruzione del suo impero Cosimo D’Andrea ha avuto modo di conoscere anche il gotha imprenditoriale dell’alta finanza e le sue entrature sono rimaste come paletti miliari nella storia dell’imprenditoria salernitana. Negli ambienti bene informati si racconta dei suoi passaggi per Roma, Orvieto, Milano, fino a villa Wanda ad Arezzo nella residenza del mitico Licio Gelli (giornalista, finanziare e faccendiere !!). Riverito e rispettato ovunque, D’Andrea riusciva ad accreditarsi in ogni tipo di ambiente grazie anche alla sua facile e felice dialettica di grande comunicatore. Fu proprio ad Orvieto, tramite l’amico ingegnere Alessandro Mei, marito di Angiola Armellini, che Cosimo riuscì ad entrare in uno dei salotti più esclusivi della capitale ed a conoscere il facoltoso Salvatore Ligresti (papà di Giulia) e la potente famiglia degli Armellini. Il salto nella capitale finanziara del Paese, cioè nella famosa Milano da bere, fu un fatto naturale e consequenziale. L’amicizia con i Ligresti era basata e radicata su solidi principi di reciproco rispetto, un’amicizia che si consolidò nel corso degli anni ed alla luce dei numerosi affari portati a termine sempre in maniera brillante; insomma le idee di D’Andrea negli ambienti milanesi venivano sempre accolte con molto favore. Da qui l’ipotesi, che non dovrebbe essere molto lontana dalla realtà, di un passaggio (almeno uno !!) di Cosimo D’Andrea per villa San Martino di Arcore dove i Ligresti erano di casa già da diversi anni. Non ci sono oggi elementi probanti di questo passaggio di D’Andrea per Arcore, nella villa del Cavaliere, ma non ci sono neppure elementi che possano dimostrare decisamente il contrario; non li colse o non seppe coglierli neppure l’ottimo magistrato che lo interrogò nel carcere di Opera. Del resto al mitico Cosimo D’Andrea piaceva non solo l’imprenditoria ma anche la bella vita e certamente non si sarà lasciato sfuggire l’occasione di un invito per una delle tantissime magiche e colorate feste in odore di trasgressione che in quella villa sono state consumate. Poi, ovviamente, con l’insorgere delle prime difficoltà giudiziarie tutto finì bruscamente e la vita di Cosimo dovette, suo malgrado cambiare radicalmente, fino alla sua morte avvenuta in carcere. Ma quali sono stati i veri ed intriganti rapporti tra Cosimo D’Andrea e Salvatore Ligresti ed attraverso quali passaggi si consolidarono ? E perché i magistrati non indagarono su questo interessante filone ? La storia continua nel prossimo articolo.
direttore: Aldo Bianchini