Aldo Bianchini
SALERNO – Paese che vai, giustizia che trovi. Nel senso specifico che ogni distretto giudiziario evidenzia la giustizia che crede. Non c’è un comportamento omogeneo dei giudici e della giustizia. Che il caso del ministro della giustizia Annamaria Cancellieri possa essere soltanto un caso politico, ci sta. Che il PdL finga di essere garantista, ci sta. Che il PD fina di essere intransigente, ci sta. Che il Colle e il Premier tentino di blindare la Cancellieri, ci sta. Che il ministro provi a sostenere la tesi del “diritto umanitario”, ci sta. Fin qui è politica, e come disse Harrison Ford (nei panni del Presidente USA) nel famoso film “Air Force One” al suo assistente nazionale alla sicurezza “E’ politica, appoggiala !!”. Tutto nella normalità, dunque, anche se il tutto appare molto verosimilmente come un triste, inquietante e risibile nonché meschino tentativo di salvare ciò che non è possibile salvare. La cosa che sorprende di più, però, è il rozzo e speculare, nonché rapido, intervento del procuratore capo di Torino, Giancarlo Caselli, per chiarire che l’intero fascicolo giudiziario è perfettamente a posto e che solo sulla base degli atti in esso contenuti è stato possibile avviare a risoluzione il caso e verso gli arresti domiciliari Giulia Ligresti, rampolla del mitico Salvatore (uno degli uomini più ricchi ma anche più indagati del Paese). Mi fa sinceramente sorridere l’irruzione sulla scena di Caselli (magistrato di sinistra) per correre in aiuto di un ministro che è, comunque, espressione del centro-sinistra e soprattutto del PD. Caselli mi fa sorridere perchè il suo intervento sembra uno sterile tentativo di spiegare che “le carte sono a posto” come se le carte in questo benedetto Paese non fossero sempre a posto. Lo sanno anche i bambini che in Italia le cosiddette “carte” sono sempre “a posto”; quello che non è a posto è tutto il resto, come nel caso specifico della Cancellieri. Ma l’intervento di Caselli, presumibilmente non richiesto, appare anche fuori luogo perché nessuno ha messo in discussione l’ordine e la regolarità delle carte. Bisognerebbe vedere come si giunge, però, alla fatidica soluzione delle “carte a posto”. Parlando dei casi giudiziari la leva del comando rimane sempre nelle mani dei magistrati che contano su uno stuolo incredibile di “CTU” (Consulenti Tecnici dell’Ufficio) sempre più propensi e disposti a relazionare ciò che è gradito ai magistrati, anche se questi ultimi molto spesso non richiedono nulla espressamente. Per questo motivo sono deceduti in carcere 2200 detenuti negli ultimi dieci anni, altro che storie e prese di posizione. Di fronte a queste cifre cosa possono contare 100 e più fascicoli “benevolmente” esaminati e raccomandati dalla Cancellieri che invece di alleggerire la sua posizione la aggravano per la semplice ragione che toccherebbe innanzitutto ai magistrati titolari delle inchieste chiedere notizie sulla salute dei detenuti in carcere agli altri colleghi di sorveglianza (anche loro detentori di indipendenza e autonomia di giudizio). Quando non c’è la “raccomandazione” spesso le richieste di scarcerazione si impantanano in questi due passaggi che si snodano a mò di sabbie mobili per un povero cristo. E poi ciò che nella sostanza tradisce la Cancellieri è quella bendetta telefonata (se esiste !!) di Salvatore Ligresti a Silvio Berlusconi. Ma di questo avremo tempo e modo di parlarne nei successivi approfondimenti su questa vicenda. Oggi vorrei chiudere ricordando a tutti quanto accadde al compianto ing. Raffaele Galdi (uno dei due compassi d’oro all’epoca della tangentopoli salernitana. Poco prima del suo arresto (23 luglio 1992) l’ingegnere era stato operato a Boston di tumore al rene sinistro. Poco dopo l’arresto gli avvocati difensori chiesero la scarcerazione per gravi motivi di salute in quanto il loro assistito non solo doveva curarsi in clinica ma doveva ritornare a Boston per una visita di controllo. La commissione medica (CTU) relazionò dicendo che “sul corpo dell’indagato non si riscontravano segni visibili dell’intervento operatorio al rene”. Quando uscì, dopo vari mesi, ebbi personalmente modo di verificare l’esistenza di una ferita lunga circa una quindicina di centimetri. E poi parlano di questione umanitaria !! Ma fatemi il piacere. Nel caso di Galdi era evidente che gli inquirenti volevano a tutti i costi tenere l’ingegnere dietro le sbarre e che per farlo trovarono una commissione disponibile; ma Galdi, ovviamente, da uomo vero non parlò. Come dire, la giustizia ha sempre due pesi e due misure. Nel caso di Galdi il procuratore capo dell’epoca, Ermanno Addesso, rimase zitto e non si prese la briga di andare a controllare i fascicoli, tanto secondo l’umore generale “le carte erano a posto”. Nel titolo ho inserito, non a caso, il nome di Cosimo D’Andrea (deceduto nel dicembre 2001 nel padiglione Palermo del carcere di Poggioreale), aveva la stessa malattia di Giulia Ligresti <<anoressia mentale>> ma nel suo caso, nonostante gli umani tentativi del procuratore dell’epoca, le carte erano a posto nell’altro senso. Al prossimo articolo per la spiegazione anche di questo ennesimo golpe della giustizia.