Con l’ultima manovra il Governo Letta ha definitivamente mandato in pensione l’Imu, l’imposta comunale sugli immobili, che sin dalla sua nascita nel 2011 ha suscitato aspre polemiche in quanto andava a colpire la cosiddetta “prima casa”.
Archiviata l’Imu, entrerà in vigore il prossimo anno il Trise, il tributo sui servizi comunali; vediamo di capire nel dettaglio quali sono le sue caratteristiche e come verrà applicato.
Innanzitutto il Trise, la cui riscossione spetterà ai comuni, si compone di due parti:
– la Tari, relativa esclusivamente al servizio rifiuti, che di fatto sostituisce la vecchia Tares, abolita nell’ultima manovra
– la Tasi, riguardante i servizi indivisibili come, ad esempio, la manutenzione dei marciapiedi, del verde o dell’illuminazione pubblica, che sostituisce sostanzialmente l’Imu.
Le aliquote base verranno stabilite centralmente, in base alla superficie dell’immobile ed i comuni potranno apportare ritocchi al rialzo o al ribasso, parametrando l’imposta secondo le loro esigenze, purché venga rispettato il principio per cui “chi inquina, paga”.
In particolare per quanto riguarda la Tari, l’importo verrà calcolato sui metri quadri, secondo una tariffa che i Comuni delibereranno di anno in anno, e dovrà essere versata da chi occupa l’immobile, mentre la Tasi avrà come base imponibile quella dell’Imu e l’aliquota di base all’1 per mille che il Comune potrà azzerare oppure aumentare senza però superare il tetto massimo previsto per l’Imu. La Tasi dovrà essere pagata dal proprietario dell’immobile per una quota variabile che va dal 70% al 90% e dall’inquilino per una quota variabile tra il 10 e il 30%.
Verrà comunque fissato un tetto massimo ad entrambe le aliquote, onde evitare che il tributo pesi in maniera eccessiva sui contribuenti.
Il pagamento potrà essere effettuato in un’unica soluzione al 16 di Giugno oppure in quattro rate da effettuarsi rispettivamente il 16 gennaio, 16 aprile, 16 luglio e 16 ottobre.
Il Trise dovrà essere pagata sia dai proprietari degli immobili, sia dagli affittuari, nel testo del provvedimento, infatti, è espresso che “ è dovuto da chiunque possieda o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani” e “da chiunque possieda o detenga a qualsiasi titolo le unità immobiliari”.
I limiti principali, che hanno mosso diverse critiche nei confronti di questa nuova imposta, riguardano principalmente:
– la sua base di calcolo, per la parte Tari, che considera come parametro i metri quadri dell’immobile e non il numero di componenti che occupa l’immobile. La produzione di rifiuti è, al contrario, più correlata al numero di persone che alla superficie dell’immobile
– rispetto alla vecchia Imu, la Trise è più gravosa, in quanto la vecchia imposta, grazie alle detrazioni, permetteva a diversi proprietari di non pagare il tributo, specie se proprietari di immobili di piccole metrature; il Trise, al contrario, dovrà essere pagato da tutti. In sostanza la tanto sbandierata abolizione dell’Imu si è rivelato solo un cambio di denominazione di una tassa. Tanto valeva evitare di cambiarle nome e di spendere denaro pubblico in consulenze ad esperti del settore e giuristi per la creazione di una nuova tassa che non ha di certo abbassato la pressione fiscale degli italiani.