SALERNO – Checchè se ne dica o se ne possa pensare, cerco nel mio piccolo di mantenere sempre la barra dritta verso la “presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva” per tutti, da sinistra a destra passando per il centro. Sempre, per tutti, e per qualsiasi cosa. Non mi sono mai piaciute e non mi piacciono le frasi apodittiche. Due frasi, in particolare, mi hanno colpito dalla lettura di tutti i giornali che annunciavano, con intere paginate e con titoli uno più aggressivo dell’altro, la cattura della cosiddetta ditta (o banda !!) “Baidi&Baidi”: la prima è stata attribuita al pm Vincenzo Montemurro (titolare dell’inchiesta), la seconda al prof. Bruno Ravera (presidente dell’ordine dei medici). Per scelta comincio dalla seconda e non solo perché è quella più semplice. “Chi sbaglia è giusto che paghi”, ha detto il prof. Bruno Ravera, anche se la sua è un’affermazione che lascia non solo l’amaro in bocca ma anche il tempo che trova. Per sapere chi e se ha sbagliato bisogna attendere, comunque, almeno la sentenza definitiva. Dunque al di là dello sconcerto e della sorpresa, comunque provata dal prof. Ravera, l’affermazione è al momento fuori luogo. Se per sospendere dall’ordine è sufficiente la detenzione preventiva che si proceda alla sospensione senza aggiungere commenti che, ripeto, lasciano il tempo che trovano. Un po’ più complicato parlare dell’affermazione apodittica del magistrato inquirente Vincenzo Montemurro che con la lapidaria frase <<Nessuno si difenda gridando alla persecuzione politica>> (fonte La Città del 18 ottobre 2013) fa il pari con l’altra frase famosa pronunciata dallo stesso magistrato nell’imminenza della prima udienza del processo “Linea d’ombra” contro Alberico Gambino & Company. In quella occasione, siamo agli inizi del 2012, il pur valentissimo inquirente disse che <<non sono abituato a perdere>> quasi come a preannunciare un verdetto infausto per tutti gli imputati. Credo che tutti (giornalisti compresi !!) ricordino come è andato a finire quel processo, almeno nella sua pronuncia di primo grado, anche se tutto nel senso o nell’altro potrebbe essere ribaltato in appello. Sarebbe quindi oltremodo opportuno che un magistrato inquirente si chiudesse sempre in religioso silenzio, soprattutto dopo aver fatto ed ottenuto delle richieste di misura cautelare scaturite da accertamenti e riscontro obiettivamente inconfutabili. Difatti il PM, qualunque PM, deve certamente andare alla ricerca della prova di accusa ma non deve mai tralasciare gli eventuali elementi a discarico. Nel nostro ordinamento, meglio ancora nella nostra pratica e quotidiana esecuzione delle indagini, si fa sempre e purtroppo leva sui pentiti o sui confidenti che spesso, molto spesso, vengono smentiti e sbugiardati in aula. Anche in questa indagine viene fuori il cosiddetto “pentito di turno” che, secondo quanto annunciato da “Cronache del salernitano” dovrebbe trattarsi di un certo Vincenzo Musto detto “Enzo” che non si sa bene se è stato “autista o portaborse” di Giovanni Baldi. Quanti autisti o quanti portaborse abbiamo visto tradire falsamente i loro “tutor”; l’ultimo clamoroso caso è stato quello del “Trota” (il figlio di Bossi) ma anche qui a Salerno è accaduto molto spesso. Addirittura un alto magistrato fu tradito da un autista e poi scagionato. Ma queste cose i lettori di parte ovviamente non le conoscono o fanno solo finta di non conoscerle. Sul nome dell’autista-portaborse di Baldi, almeno per il momento, stenderei un velo pietoso ed attenderei un mio prossimo approfondimento per valutarne appieno il personaggio, l’affidabilità personale e la veridicità delle sue presunte dichiarazioni. Anche questo, se non soprattutto questo, dovrebbe fare un qualsiasi magistrato prima di lanciarsi a spada tratta in una battaglia che senza dubbio alcuno è diretta a ripristinare la legalità. Ma in questo articolo mi preme parlare delle frasi ad effetto e mi preme anche precisare che quelle di Ravera e Montemurro non farebbero una grinza se fossimo in un Paese con un “sistema giudiziario normale”; se i due vivono in Italia dovrebbero sapere benissimo che qui, da noi, il sistema è bloccato (e non vado oltre !!), basta seguire con attenzione cosa sta accadendo a Palermo per avvertire la necessità di zittire, almeno in questi momenti delicati e sul nascere di inchieste comunque clamorose. Qualcuno potrebbe anche pensare ad una mia difesa ad oltranza degli indagati del centro-destra; niente di più risibile. La storia giudiziaria di questa circoscrizione è piena di inchieste inquietanti sul centro-destra che vengono pervicacemente portate fino alle estreme conseguenze; quelle sul centro-sinistra è vero che iniziano (ce ne sono alcune anche in corso) ma è altrettanto vero che si impantanano immediatamente quando arrivano nell’anticamera del potere che conta. Qualì ? chiederà qualche altro. C’è tempo per farne l’elenco analitico, tanto è storia e non chiacchiericcio. Sorrido quando sento dire dagli indagati che si rimettono alla decisioni dei magistrati, io vorrei una giustizia diversa da quella che abbiamo sotto gli occhi; preferisco la giustizia che sa attendere o che sa fare un passo indietro. Come ha fatto nel 2011 il procuratore capo Franco Roberti; ma questo ve lo racconterò nella prossima puntata di questa che si annuncia come una lunga e nuova telenovela.
direttore: Aldo Bianchini
Come al solito un articolo responsabile e corretto da grande giornalista complimenti