di Bianca Fasano
Sono italiana ed un po’ mi ha risollevato pensare che Franco Porcellacchia e Sergio Girotto, ossia i tecnici responsabili della rimozione per Costa e Titam-Micoperi, fossero italiani. Il grande Alberto Sordi ha rappresentato spesso gli italiani, nelle loro debolezze umane, buone o cattive che fossero (anche le debolezze possono essere, se non “buone”, almeno “meno cattive”), ma sarebbe dovuto rinascere per fare il primo attore in un ipotetico film in cui si riproducessero le fasi della storia che hanno condotto la grande nave italiana a schiantarsi contro un piccolo scoglio. Anche il personaggio “Fantozzi” andrebbe bene, benché il ridicolo si associ, oltre al danno economico del naufragio, ai circa 600 milioni di euro spesi per la rotazione della nave. Non si trattava dell’iceberg contro di cui si schiantò (ma circolano anche voci alternative, con la presenza di una nave straniera e di un missile), il transatlantico britannico della che andò a schiantarsi contro un iceberg nella notte tra il 14 ed il 15 aprile del 1912 ed affondò nelle prime ore del 15 aprile. Lui trascinò con sé nel fondo 1518 dei 2223 passeggeri imbarcati, compresi gli 800 uomini dell’equipaggio. Con il Concordia si è trattato di uno scoglio, uno di quelli dove si arrampicano i nuotatori per riposare. Inoltre la Costa Concordia era un gioiello tecnologico che si guidava con un semplice joystick, qualcosa di molto meno complesso del Titanic. Pur essendo simile ad un paese galleggiante con 5000 abitanti, centinaia di appartamenti, decine di ristoranti, sale da gioco, discoteche, palestre e piscine che viaggia di giorno e di notte a 20 nodi l’ora guidato da radar complicati e sala di controllo da stazione spaziale. Ma “Il fattore umano” così come si evinceva anche dal famoso romanzo di Green Graham, non è isolabile dal resto. Dunque; notte insonne, seguendo quella parte dell’immensa nave che veniva su dal mare, alla luce dei fari: – “Benché tu sia così bianca, / questa sera, / alla luce dei fari che t’illuminano / con violenza, / benché tu sia così bianca, / nave dei sogni, /pure c’è un solco di fango che ti segna la fiancata, /laddove fosti ghermita dallo scoglio, / laddove venisti giù, /lenta, / senza pietà verso chi ti viveva indosso. / Senza pietà fu lo scoglio, / senza pietà e coscienza / fu l’essere umano, /dimentico del suo dovere di capitano. / Senza pietà fu l’errore,/ che ti precipitò ad affogare, / a metà, / in quell’acqua nemica. /Ma questa sera, mentre uomini e funi ti traggon via /da quella melma verde che ha coperto / il tuo fianco immacolato, / torni per qualche istante /al tuo candore perso, /a ricordare quanti ti videro solcare, / forte e sicura / il mare. / Tu non avesti colpa, coi tuoi oblò, /coi tappeti e le scale, / le piccole cabine /e le lucenti sale /piene di specchi. / Non avesti colpa, / nel privare, quasi d’un tratto, /in momenti frenetici di panico, / della gioia, della vita, / dei ricordi, /degli amori / chi si era immersa in te, / nel ventre tuo/ destinato a restare sopra il mare / non dentro il fango, / invece, / ad annegare. / Ma questa notte sei tornata bianca, / sotto i fari, / mentre lacci, argani ed umani, / ti traggon fuori / dalla melma nera, / sei destinata, domani, alla tua fine. / Questa sera ti guardo / per un’ultima volta, / come se fossi quella / che più non sei / e il mio pensiero vola /a quei dispersi, /
che non renderai. “- Si diventa poeti se non lo si è, figuriamoci se lo si è nati. Una notte vissuta, come me, certamente da tanti italiani, anche da quelli che il disastro della nave l’hanno vissuto sulla pelle. Poi, verso le 05 del 17 settembre, è sbarcato sull’Isola Nick Sloane, l’ingegnere di origine sudafricana di 52 anni (vive in Sudrafica, a Somerset West, Città del Capo), insieme al suo team. Parliamo del “senior salvage master” della Titan Micoperi, cui è spettato l’arduo compito di dirigere le operazioni di rotazione della Concordia, gestendole da una “control room” galleggiante a pochi metri dal relitto. Gli dobbiamo un grazie per avere risollevato l’animo di noi italiani con quella sua frase: -“Se pensi a tutto quello che c’è dentro questo progetto, tra elettronica e acciaio, realizzi che pochi Paesi al mondo avrebbero potuto mettere insieme in così poco tempo un’operazione così vasta». Chi ha seguito nel corso della sera e della notte, anche se a tratti, fino al mattino, le operazioni di rotazione della nave, ha potuto ascoltare gli ordini e i messaggi che Nick e gli altri si scambiavano, con evidente emozione ed ansia. Tutto andava fatto con estrema cura ed attenzione per non ripetere un errore umano di distrazione, come quello che, assieme ad altri errori, ha condotto la nave sugli scogli dell’isola. – “Provo sollievo e sono orgoglioso, così come il mio team – ha detto appena varcate le transenne del porto – e sono un po’ stanco, mi vado a fare una birra e vado a dormire. Mando un bacio a mia moglie”. Altri, invece, sono restati sul molo, nel bar dell’isola, a festeggiare questa “sconfitta dell’essere umano”. Sconfitta non di chi ha dovuto effettuare la rotazione della nave, ovviamente, essendo questo il primo passo per portarla via dal Giglio, ma di chi lo ha commesso materialmente e di quanti, non si sanno le ragioni (vorremmo chiedercele), hanno posto in posizione di comando qualcuno che non ne aveva diritto, se non per conoscenze tecniche (che forse aveva), ma per questioni di capacità psicologica. La nave non sarà spostata, però, prima della primavera. Resterà a lungo sui luoghi del disastro, ma ancora più a lungo nella memoria degli uomini così com’è sul lato emerso, dove sono evidenti i segni degli scogli. Il prossimo passo sarà quello di porla in sicurezza, per permettere ai tecnici di entrarvi e iniziare i lavori. Priorità è la ricerca dei due corpi ancora dispersi e noi italiani ci sentiamo da tanto un po’ dispersi assieme a loro.