di Corrado Caso
L’informazione ed una rinnovata attenzione sugli innumerevoli pericoli che ci assediano montando, giorno dopo giorno, come marea quando la luna è alta, soffocandoci in uno spazio confinato, pongono innumerevoli interrogativi sui mezzi ancora disponibili per poterci salvare dal totem del moderno sviluppo: porta aperta al deterioramento irreversibile della natura.
Una maggiore attenzione per i problemi dell’ambiente non può essere soltanto una moda per poi continuare l’opera di distruzione degli equilibri ecologici e degli ecosistemi o una valutazione estetica, una considerazione ,soltanto verbale, su quanto sia rischioso deturpare un paesaggio, inquinare il mare senza considerare, tutto questo, un attentato alla sopravvivenza della nostra specie.
Purtuttavia è utopia ipotizzare il nostro sviluppo disgiunto dai rischi che gli sono propri ma certamente è urgente emarginare una oligarchia tecnologica che, arrogante, stravolge il concetto di prudenza e supera la soglia di “tollerabilità”.
Alle volte, mi sorprendo a riflettere che la macchina sembra essere l’evoluzione finale della specie perché espressione e di dominio illimitato sulle cose. L’uomo tecnologico ,perfetta sintesi, creerà meccanismi di efficienza e produttività illimitati, dichiarando gran parte dell’umanità inutile perché non tecnologicamente adeguata e mai protagonista della propria storia.
Allora, quale ecologia se non quella che scaturisce da una rivalutazione dei valori umani, non soltanto enunciati, ma trasferiti nella vita quotidiana, correttivo ideale al materialismo ed al consumismo esasperato.
L’habitat, palcoscenico dove interpretiamo il dono più significativo dell’amore di Dio, è un segno profondo, parte intima ed indispensabile per la conservazione della nostra specie