SALERNO – E’ sempre la cena del luglio 2006 a tenere banco nella vicenda giudiziaria sul “crac Amato” che ha portato alle conclusioni delle indagini per un altro filone con la contestazione di bancarotta fraudolenta a carico anche degli ex deputati Paolo Del Mese e Franco Ceccuzzi (già sindaco di Siena) e per l’ex presidente del MPS Giuseppe Mussari. Lo sfogo di Paolo Del Mese <<Rifarei la cena con Mussari>> (apparso a titoli cubitali sui giornali) non deve apparire come un atto di superbia o di sfida dell’ex deputato e già presidente della Commissione Bilancio della Camera contro gli inquirenti del caso in questione. Tutt’altro. Paolo Del Mese è una persona estremamente razionale e da sempre animato da una passione politica e da un senso d’altruismo verso il prossimo. Non conosco le ragioni che lo hanno portato, dopo un lungo stato di stress emotivo e fisico, a rilasciare una simile dichiarazione. Conoscendolo da decenni posso soltanto immaginare che ha fatto un ragionamento davvero molto semplice. Mettiamo che alla cena sul terrazzo della villa di Peppino Amato in costiera c’erano sei persone; cinque di queste persone vengono raggiunte, a vario titolo e con effetti diversi, da avvisi di garanzia e/o da ordini di carcerazione; uno solo non viene assolutamente toccato. Segno questo evidente che gli inquirenti a quella persona hanno riconosciuto l’assoluta estraneità rispetto a quanto detto o concordato su quel terrazzo. E come è possibile, si sarà chiesto Del Mese, che solo quella persona è rimasta fuori dal vorticoso giro di accuse senza senso; probabilmente a lui gli inquirenti hanno assegnato il ruolo delle tre scimmiette (io non vedo, io non sento, io non parlo) ammesso e non concesso che durante la cena siano idecisi argomenti inquietanti e devastanti come accade in tutte le cene degli italiani che contano tanto ma anche di quelli che non contano niente. Ebbene se durante la cena i cinque commensali hanno messo in atto una vera e propria organizzazione da “bancarotta fraudolenta” come adesso contesta la Procura è anche vero che, considerato che il sesto commensale vedeva-sentiva e parlava, potrebbe essere chiamato in causa soltanto per il fatto di non aver adempiuto ad un dovere civico fondamentale e sancito anche dal codice: denunciare subito l’eventuale ipotesi di reato. Ben conoscendo, però, la imparzialità ed estraneità della Procura bisogna, quindi, credere che a quel tavolo durante quella cena non è accaduto assolutamente nulla che possa essere ricondotto a giudizio come una violazione delle leggi esistenti. Ed allora, viene da chiedersi, perché tutto questo clamore intorno a quella benedetta cena ? perché la Procura insiste pressando i cinque commensali ? cosa si attende la procura che i cinque denuncino il sesto ? Sono domande che, ovviamente, lasceranno il tempo che trovano ma che non avendo risposte convalidano in pieno la tesi difensiva dell’ex parlamentare Paolo Del Mese << … quella cena che rifarei altre mille volte risale al 2006 con un fallimento che è maturato nel 2011. Come potevamo prevedere all’epoca che un imprenditore così importante (sponsor della nazionale campione del mondo) andasse incontro ad una situazione del genere …>>. Ha perfettamente ragione Paolo Del Mese, la Procura non può giocare a rimpiattino con la speranza che qualcuno accusi il sesto commensale perché secondo gli altri cinque non c’erano e non ci sono elementi per farlo. Se la Procura ha qualche elemento lo utilizzi subito prima che tutto cada nel dimenticatoio o, peggio ancora, nella prescrizione.
direttore: Aldo Bianchini
Un capolavoro di articolo!
Grande Aldo! Rimango sempre fiducioso: “c’è un Giudice a Berlino”. Un abbraccio. Fausto Morrone