SALERNO – Non fatevi ingannare dal titolo, la famiglia ovviamente non è Telecolore ma è quella dei De Simone (prima Peppe e poi Antonio !!) che hanno fatto Telecolore. Non che nella sua essenza Telecolore non sia una famiglia, non ho motivi validi per escluderlo e neppure per convalidarlo. Telecolore è un’ottima televisione privata ma non la vedo, sia da telespettatore che da protagonista nel bene e nel male di tantissimi anni di televisione privata, come il massimo della libertà in un panorama alquanto desolante come quello dell’informazione televisiva salernitana. Chiedo scusa dell’ardire, ma non lo dico perché in “quel quadro” non ci sono più e non lo dico perché in tanti hanno fatto di tutto per non farmi rientrare, lo dico perché ho elementi e prove testimoniali che propendono, invece, per un giudizio un tantino più sereno e severo di quello manifestato dal suo direttore responsabile, il collega Franco Esposito (che certamente è e rimane una “voce televisiva salernitana” molto qualificata) quando afferma che <<Telecolore era ed è rimasta la tv di Salerno e dei salernitani>>. Certamente apodittica la dichiarazione di Franco Esposito, assolutamente non condivisibile ma sicuramente comprensibile perché rilasciata all’indomani della morte di uno dei mostri sacri fondatori di Telecolore; alludo a Giuseppe De Simone, che qualcuno simpaticamente amava chiamare “l’avvocato” per una improbabile somiglianza sia caratteriale che fisica con l’arcinoto “avvocato Agnelli”. Ma si sa sono le forzature provinciali, molto dannose e fuorvianti. Nel giorno del “trigesimo” dalla morte di Giusepppe De Simone (colui che in pratica portò l’emittente televisiva nella disponibilità della “famiglia De Simone”) mi sembra giusto continuare a ricordarlo e mi sembra doveroso anche da parte mia, che l’ho conosciuto poco e in tempi molto lontani, un commento. Quando un uomo muore dispiace sempre e comunque, quando un personaggio (e Peppe De Simone lo era !!) muore dispiace ancora di più. Punto. La cosa che io non ho mai digerito è che quando muore un uomo o un personaggio si dice sempre che “è morta una brava persona”, anzi qualunque cosa egli abbia fatto sia di bene che di male si dice espressamente “comunque era un buono”. Ma questo fa parte del gioco della nostra vita e dobbiamo serenamente accettarlo. Ho conosciuto pochissimo Peppe De Simone, non mi permetto dunque di giudicarlo per la sua vita terrena; posso solo dire che era un uomo brillante e guidato da un ottimo fiuto per gli affari, fiuto che non sempre gli ha restituito in termini di successi economici quello che lui investiva sul piano delle idee personali. L’ho conosciuto agli inizi del 1995 nel corso di una serrata trattativa per l’acquisto di Telecolore da parte dell’avvocato Leonardo Calabrese. Ci furono vari incontri, tutti svoltisi nello studio dell’avvocato tributarista Alfonso Maria Mattei alla presenza di Leonardo Calabrese, di Peppe De Simone, dell’ingegnere Raffaele Galdi (denominato “compasso d’oro”, che all’epoca possedeva delle quote azionarie di Telecolore), di Sandro Marino (ragioniere-commercialista de La Quiete-Cedisa) e del sottoscritto. Tra l’offerta di Calabrese e le richieste di De Simone c’era la differenza di un miliardo (parlo delle vecchie lire) e la trattativa non andò in porto anche perché tra le tante richieste di De Simone ce n’era una in particolare che Calabrese non gradiva affatto. Il patron della sanità privata salernitana era appena uscito da un tempesta fiscale e non volle sentire ragioni. In quelle riunioni il compianto Peppe De Simone non fece mai trasparire, con grande dignità, la situazione di problemi economici che assillavano l’emittente televisiva salernitana da lui rappresentata; su queste verosimilmente faceva leva Calabrese per risparmiare quel miliardo in più. Così tutto finì nel nulla. Di Peppe De Simone mi rimane il ricordo di una persona capace, distinta, professionale e amante delle forme pur senza disdegnare la sostanza delle cose e dei problemi. In verità nella conduzione di quella trattativa non mi piacque molto, ma io ero un giornalista e lui un imprenditore; sul piano squisitamente personale, invece, non ebbi e non ho nulla da eccepire. Da allora non l’ho più visto né sentito, fino a qualche settimana fa quando dalle cronache ho appreso della sua morte. Mi è dispiaciuto molto, credo di poter dire (senza scadere nella retorica !!) che Peppe De Simone sia stato un uomo dotato di una spiccata umanità. In tempi molto più recenti ho conosciuto, invece, l’altro esponente televisivo della famiglia De Simone, Antonio, che è tuttora il massimo rappresentante di Telecolore. Quello con Antonio è stato, invece, un pessimo incontro (era presente perfino Antonio Lombardi, presidente dell’ANCE) anche perché ho avuto modo di comprendere “quanto sia libera l’informazione di Telecolore” checché ne dica Franco Esposito nell’intervista rilasciata a Cronache del Salernitano il 28 luglio 2013. Ma questa è tutta un’altra storia che merita, comunque, di essere raccontata.
direttore: Aldo Bianchini