SALERNO – Dopo il mio recentissimo articolo dedicato alla figura del prof. Giuseppe Di Benedetto, primario della cardiochirurgia dell’Ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno, mi ha contattato telefonicamente un amico di vecchia data per dirmi che forse ero andato un po’ oltre le righe nel decantare i pregi e le virtù del noto cardiochirurgo. Probabilmente questo vecchio amico non mi conosce bene e non sa che, da uomo libero, sono capace di incensare ma sono anche disponibile a crocifiggere, insomma faccio ciò che ritengo giusto e di cui sono profondamente convinto. Per quanto attiene la sanità io sono convinto che, al di là di Ippocrate e dei vari giuramenti, tutti gli operatori devono essere prima uomini e poi operatori e devono sempre ricercare l’umanizzazione del rapporto medico-paramedico-paziente. Vi racconto come si può essere bravi medici pur non essendo tutti dei Barnard e come si può essere pessimi medici pur essendo bravi professionalmente. Una paziente, “G.P.” cinquantenne, arriva nella “Torre del Cuore” del Ruggi in cattive condizioni e viene sottoposta ad intervento chirurgico d’urgenza per un’angioplastica. Viene letteralmente salvata, e qui potrei fermarmi per dire che si è trattato di un caso di buona sanità prodotta, manco a dirlo, dall’equipe del prof. Giuseppe Di Benedetto. La mattina successiva al suo capezzale si presenta un medico (per intenderci … uno di quelli che l’ha operata), si mette di fronte alla paziente, poggia i gomiti sulla sponda del letto e con un sorrisetto accattivante dice: “Signora, lei deve spiegarmi dove ha nascosto tutti i suoi soldi e perché vuole che i suoi parenti la devono portare a Silla, perché lì c’è qualcosa di buono ?”. La domanda è talmente cordiale che crea subito una perfetta simbiosi tra medico e paziente, tanto che la signora si riprende e si scuote dal torpore in cui era scivolata dopo il delicato intervento chirurgico. Riflette e risponde pacata: “Grazie dottore per la sua gentilezza e sensibilità, deve sapere che ieri pomeriggio quando mi stavate narcotizzando, ritenendo di non farcela, ho pensato di dover dire in quale posto avevo accantonato dei soldi perché potevano essere utili a pagare le spese per la <<casa funeraria>> che si trova tra Silla e Pantano di Teggiano. Tutti qui i miei segreti confessati nel sonno. Dottore, grazie comunque per la sua cordialità ed il suo spiccato senso di umanità”. Trovare un medico che si rende conto dello stato di agitazione e di sottomissione psicologica del paziente non è impresa da poco; bravo l’anonimo dottore che ha dimostrato di essere un grande medico pur non essendo neppure lontanamente paragonabile ad un novello Barnard. Ma la storia non finisce qui. La mattina successiva, quindi due giorni dopo l’intervento, la figlia (“C.A.”) della signora si rivolge con grande garbo e cortesia al medico di turno (una donna !!) per chiederle cosa poteva o non poteva dare da mangiare alla mamma ancora allettata nell’unità coronarica (insomma quella camera a più posti in cui sostano per qualche giorno i pazienti operati). La dottoressa alza la testa, quasi infastidita da cotanta domanda e da simile ardire, e tuona: “Sua madre farebbe bene a tapparsi la bocca. E’ obesa, ha il diabete ed è una fumatrice incallita. Mangi quello che le passa l’ospedale e poi si vedrà. Adesso mi lasci perché non ho tempo da perdere”. Allibita, quasi come se fosse stata bastonata, la giovane figlia della paziente si allontana rapidamente, sconsolata e sconfitta. Non è quella la sanità che vorrebbe per la madre ma anche per tutti gli altri pazienti. Che brutto esempio di cattiva sanità che è riuscito a produrre quella dottoressa che seppur brava professionalmente (e mi hanno assicurato che è brava !!) non sarà mai un buon medico. Ecco ho descritto uno spaccato di “buona e cattiva sanità” che si verifica nello stesso reparto di altissima specialità, come la cardiochirurgia, che dovrebbe essere sempre e comunque il top sia sul piano professionale che su quello umano nel variegato mondo della sanità pubblica, la sanità di tutti, la sanità che offre soldi – onori e gloria anche a medici che non hanno nulla di umano e che meriterebbero di rimanere ai margini della società civile. Credo che ora il mio vecchio amico sarà contento. Soprattutto nella sanità il problema c’è e resta, come in tutte le attività della vita quotidiana; il bello o il cattivo lo producono sempre gli uomini che sono alla base di tutto, prima ancora di essere medici, avvocati, magistrati, politici, scienziati, funzionari, imprenditori o semplici ciabattini, barbieri, falegnami, spazzacamini o infermieri.
direttore: Aldo Bianchini