Noemi Giulia Sellitto
Ci sono film che restano impressi nella mente e che per questo vale la pena di ricordare anche a distanza di tempo. In tal caso, ci sono impressioni e riflessioni che non sembrano mai scomparire nello spettatore. Emozioni da prima visione, ogni volta. ‘’The Truman Show’’ è proprio uno di questi film spettacolari, intramontabili. Diretto nel ’98 dal grande Peter Weir, regista de ‘’L’attimo fuggente’’, è, infatti, ancora in grado di racchiudere in sé una chiara visione della modernità.
Truman Burbank, interpretato dal mitico Jim Carrey, è un uomo di 30 anni, solare e soddisfatto della propria vita. Vive a Seahaven, un tranquillo isolotto dove ha trascorso ogni attimo della sua esistenza e dove lavora come rappresentante assicurativo. Tutto rasenta la perfezione, trasformandosi in una quotidianità esageratamente normale. Dietro a questo, però, si nasconde un’amara verità, frutto delle moderne tecnologie e dell’uso smodato che l’uomo ne fa. A sua insaputa, infatti, la vita di Truman è uno show televisivo di successo, seguito e sostenuto ampiamente dal pubblico. Nulla rappresenta la realtà: ogni cosa è una messinscena, una cruda derisione alle spalle di un’innocente vittima. Ripreso in diretta sin dalla nascita, infatti, questo povero uomo è stato prelevato da una gravidanza indesiderata ed è stato adottato da un network televisivo. Dunque, chi considera la sua famiglia, i suoi amici di sempre e persino sua moglie, non sono nient’altro che attori. Una vita avvolta nella finzione, diretta dal regista Christof e girata in uno studio televisivo, dinanzi a milioni e milioni di spettatori. Con il tempo, però, il set si sta deteriorando, provocando la caduta di oggetti scenici e attirando l’attenzione di Truman che inizia così a porsi delle domande. Fino a quel momento era impossibile uscire da Seahaven, scoprire ciò che c’era al di fuori di questa piccola cittadina. Ora, però, Truman è pronto a scoprire la verità e a lottare affinchè questa esca a galla.
‘’The Truman Show’’ è un film unico e sorprendente, con chiari tratti filosofici e profonde riflessioni relative alla modernità. In uno studio televisivo che sembra quasi la proiezione nel futuro del Panopticon di Bentham, vive una persona in carne ed ossa, a differenza di tutti coloro che lo circondano e che lo hanno sempre circondato. E’ un ‘’vero uomo’’, come dice anche la traduzione del suo nome, l’unico rimasto in un mondo colmo di falsità. Un film che, come già detto, vale la pena di richiamare alla memoria, anche se a 15 anni di distanza. Ad oggi, infatti, le tecnologie sono cambiate, assorbendo, forse, sin troppo le persone. C’è da giudicare se ciò sia sempre positivo o in gran parte negativo. Siamo forse passati da una semplice realtà virtuale ad una virtualità esageratamente reale? Ai posteri l’ardua sentenza.