Giustizia/8: da Esposito al “fattore Berlusconi”

Aldo Bianchini

SALERNO – Peccato che finisca sempre su una “pagina qualunque” del quotidiano “La Città”, peccato che finisca sempre in una pagina in compagnia di Giuseppe Vuolo (ottimo professionista, visivamente somigliante ad Antonio Manzo), Ernesto Pappalardo (ottimo giornalista economico) e di Gerardo Malangone; è vero che qualche volta la sua firma appare anche in prima pagina, ma i tre commentatori non hanno nulla a che vedere con la penna politicamente astrale dell’ex ministro Carmelo Conte. Fossi nei panni del direttore responsabile de La Città gli darei la giusta dimensione e la giusta valutazione, come del resto spesso fa con il prof. Carmine Pinto, anch’egli di una spanna al di sotto dell’ex ministro per le aree urbane. Fatto questo doveroso preambolo ho preso spunto dall’eccellente ultimo intervento di Carmelo Conte dal titolo <<Fattore Berlusconi>> per capire se questo fattore, peraltro esistente dal 1994, sia stato o meno esacerbato dalle ultime esternazioni del presidente di sezione della Cassazione dr. Antonio Esposito che, a giusta memoria, in tempi passati ha avuto a che fare in maniera burrascosa anche con l’ex ministro. In verità Carmelo Conte è abilissimo nel dire e nel non dire quando parla di Esposito, dallo scritto si capisce, però, che anche <<le recenti esternazioni del dr. Esposito, il presidente del collegio giudicante del Cavaliere>> hanno avuto per Conte un ruolo chiave nella dimostrazione che, << mancando una direzione e un fine abbracciante, anche le norme giuridiche vagano nel caos>>. Come dire che grazie a questo persistente sentimento contro Berlusconi, sentimento passato già alla storia come “antiberlusconismo”, che sta dilaniando il PD in varie e tutte sbagliate posizioni da assumere sia nella politica di questi giorni che nella prossima campagna elettorale, siamo precipitati tutti in una situazione irrecuperabile. Dunque le esternazioni di Esposito, per certi versi, hanno ancora di più accelerato il fenomeno che sta deflagrando proprio all’interno del PD che non riesce a trovare il bandolo della matassa. Perfetta la citazione di Conte <<Il diritto giunge a essere ciò che esisterà domani, quando si avrà la nuova legge giusta, ciò che non c’è mai oggi, poiché quello che c’è serve solo come invito a cambiarlo>> (Ortega y Gasset – 1978) che sintetizza a meraviglia la situazione di stallo politico-giudiziario del nostro Paese. Tutti, difatti, si stanno dando battaglia sull’eventuale concessione del “lasciapassare” per Berlusconi al fine di garantirgli l’intoccabilità del suo diritto a fare politica. In questo Carmelo Conte,  dall’alto della sua intelligenza politica, è molto chiaro quando spiega che i processi contro Berlusconi non sono destinati ad avere gli effetti devastanti di “mani pulite” perché lo si voglia o no sono “processi ad personam” mentre quelli di tangentopoli erano contro “il sistema” anche se furono maldestramente condotti alla maniera di Di Pietro. Peccato che il PD per anni ha sbandierato il cartello delle “leggi ad personam”, fatalmente ora anche i processi sono contro la persona in maniera più che mai accanita. Berlusconi è destinato a durare perché ha il consenso popolare, certo non potrà più governare, ma potrà condizionare ogni momento della vita politica da semplice cittadino, del resto oggi lo fa anche il suo principale nemico Peppe Grillo. Quest’ultimo, se analizziamo attentamente la sua parabola mediatico-popolare, mette più paura a quelli che rimarranno in Parlamento che a Berlusconi destinato giustamente a rimanerne fuori perché espulso da sentenze passate in giudicato. Carmelo Conte, da fine politico, non lo dice ma il punto nodale è proprio questo: il fattore Berlusconi è vivo e vegeto e continuerà ad incidere sull’elettorato che male digerisce talune azioni della magistratura che sembra essere oggi (come ha scritto Angelo Panebianco sul Corsera) l’unico potere forte in Italia. E questo alla gente non piace. La tristezza che da tutto questo dibattito si assenti proprio il quotidiano che ha scoperchiato le cosiddette “pentole della Cassazione” con l’intervista al giudice Esposito, alludo a “Il Mattino”, ed alla sua scelta di chiudere dopo appena due giorni il caso più clamoroso che gli sia mai capitato, forse, in tutta la sua pur gloriosa storia.

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