Giustizia/6: Manzo-Esposito, due galli nel pollaio !!

Aldo Bianchini

SALERNO – Dal tono disincantato e dialettale con cui si è svolta la conversazione-intervista tra Antonio Manzo e Antonio Esposito (ritratti in una foto del 2009 alla presentazione a Sapri del libro “Doveva morire” scritto da Ferdinando Imposimato su Aldo Moro) sembra più uno scambio di idee tra vecchi amici che un’intervista tra un redattore di un grosso giornale e un presidente di cassazione. Le considerazioni sul linguaggio utilizzato le lascio volentieri ai lettori, ognuno per la sua parte e per le sue convinzioni.  Resto ai fatti oggetto del mio commento. Dico subito, e senza infingimenti, che il collega Antonio Manzo non ha fatto nient’altro che il suo lavoro di giornalista (non parlo di dovere !! che è ben altra cosa), forse ha fatto leva sulla sua conoscenza diretta del giudice, ma in tanti casi tutti lo facciamo; sicuramente quando si è accorto, se si è accorto, che l’interlocutore dall’altro capo del telefono non aveva capito che il tutto veniva registrato non lo ha avvertito o non si è fermato. Che cosa è realmente accaduto lo sanno soltanto loro due !! Però accade; tante volte ci si rende conto che l’interlocutore non ha capito e bisogna subito fermare la conversazione, soprattutto quando l’altro è un presumibile amico. In una diretta televisiva mi capitò di chiamare al telefono un deputato (conosciuto anche dal giudice Esposito molti anni fa !!) per una questione giudiziaria; incominciò a blaterare contro la magistratura lanciando epiteti irripetibili, mi accorsi subito che non aveva capito che stavamo in diretta e lo fermai immediatamente. Fortunatamente non accadde nulla. E’ questo il passaggio che il direttore responsabile del quotidiano “Il Mattino” finge di non aver capito e parla a tutto tondo di un diritto-dovere del giornalista di pubblicare tutta la notizia ed anche i contorni; non c’è nessuna autocensura nel fatto di fermare il colloquio soprattutto quando dall’altro capo del filo c’è un presumibile amico che si sta sfogando fuori dal contesto ufficiale della presunta intervista (ma non so, ripeto, se è questo che è accaduto nel caso in questione). Il redattore de Il Mattino non stava raccogliendo prove testimoniali da un camorrista o da un reo-confesso, stava semplicemente facendo una chiacchierata con un vecchio presumibile amico, ancorchè giudice di alto profilo e di sicura affidabilità giuridica. Ma tutto questo, ovviamente, attiene al grado di sensibilità personale (prima di quella deontologica) che ognuno di noi ha in misura molto diversa dagli altri. Un lettore, un affezionato lettore mi ha scritto alcune righe dirette, in chiave sarcastica ed umoristica, ai protagonisti della vicenda (soprattutto al giudice) che sto commentando. Il lettore scrive: <<Presidente Esposito, ma come ha fatto a cascarci! Ascoltando stralci della sua chiacchierata con il giornalista del MATTINO Antonio Manzo si comprende subito che il tutto non è nato come una intervista formale tra il magistrato e il giornalista. Quel che si percepisce all’immediato è che si sia trattato, nelle sue intenzioni almeno, di una chiacchierata se non tra amici, certamente tra due persone che si conoscono da tempo per la loro conterraneità, se non altro. Se no che senso avrebbe avuto quel suo lasciarsi andare al dialetto. Lei non si sarebbe mai sognato di farlo ove consapevole che le sue dichiarazioni sarebbero, poi, state pubblicate. Da qui il mio convincimento che, in qualche modo, lei è stato preso in contropiede. Mai immaginando  …..  Perché è ai conoscenti di vecchia data e ancora più agli amici che si parla in dialetto. Non a chi utilizzerà poi  il tutto a fini divulgativi (forse costretto dalla piega che hanno preso gli eventi !!)  peraltro così rischiosi per lei e per il putiferio che ne sarebbe potuto venire e che effettivamente ne è conseguito. Con tutte le conseguenze del caso. Vedi l’avvio della procedura disciplinare da parte del CSM a suo carico decisa ieri l’altro nel tardo pomeriggio. Certo, sul tutto insiste una brutta puzza di bruciato ……. I suoi tentativi di smentire sono comprensibili, ma non potevano che rimanere sul tappeto. La sua parola contro quella del giornalista (e del registrato !!)…. Ha fatto bene a non insistere, quindi …. Ma così va il mondo. Le brucerà, certo. A chi non brucerebbe! Specie se la fregatura la si riceve da un ‘amico’! Ma era poi un suo amico il giornalista del MATTINO? Ne dubitiamo, anche se ….. ha pur sempre fatto il suo mestiere. Cordialmente>>. Soddisfate le attese dell’attento lettore, per ritornare all’editoriale del direttore Barbano mi permetto di dire che “le verità sono sempre amare e il giornalista ha il dovere di raccontarle” senza mai porsi il problema se la sua ricerca della verità possa amplificare la confusione. Questo è sacrosanto ma il giornalista deve, però, sempre porsi la domanda <<fino a che punto il dovere di raccontare la notizia deve prevalere sulle modalità con cui la stessa viene acquisita>>, senza la necessità di doversi poi nascondere dietro il paravento dell’indebita supplenza di ruoli. Nel contesto di ebbrezza mediatica attuale non si può  fare appello alla correttezza deontologica (verso i lettori o chicchessia !!) sperando che essa possa sempre giustificare i mezzi con cui si è raggiunti il fine.

2 thoughts on “Giustizia/6: Manzo-Esposito, due galli nel pollaio !!

  1. La Giustizia deve essere amministrata dalle macchine,ne sono convinto.Il libero convincimento ha fatto già molti danni.

  2. Effettivamente la divulgazione della notizia non dovrebbe prevalere sulle modalità con cui essa viene acquisita, ma la vicenda conferma il dubbio fortissimo che l’amministrazione della giustizia non risponde al dettato e ai principi del nostro ordinamento..

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