Barbara Filippone
PALERMO – L’estate, si sa, porta con sé ricordi, esperienze e viaggi, spesso racchiusi dentro ad uno scrigno di malinconia per i bei momenti vissuti. Nel mio scrigno dei ricordi indelebili ci sarà certamente un viaggio fatto in terra lucana con le mie splendide figlie, che, nei momenti più belli ed importanti della mia vita, spero continuino ad esserci com’è stato in quest’ultima occasione. L’occasione si è presentata partecipando ad un concorso di poesia che mi ha vista vincitrice di un Premio Speciale, ed anche in quell’occasione seppur di valore specificatamente culturale, mi sono resa conto di quanto sia magica l’aria di un paese che conta circa 5000 abitanti… più passa il tempo, più mi rendo conto che vivere in una piccola realtà mi darebbe molte più soddisfazioni che vivere in una grande città; sarà probabilmente solo una mia sensazione e questa mia considerazione nasce dal fatto che spesso interessi contrastanti a partire dall’amministrazione a finire ai vari settori merceologici si contendono interessi spesso contrapposti e inconciliabili tipici della grande città. Sembra, infatti, quasi impossibile seguirne tutti gli incontri sociali, guidati per lo più da un’infinità di associazioni che spesso si contraddistinguono solo per le personalità al loro interno piuttosto che per il lavoro svolto… sto divagando credo, ma il concetto è piuttosto chiaro: vivere la città a livello culturale diventa difficile perché sembra quasi impossibile districarsi all’interno di una rete i cui interessi spesso, contrapposti, si confondono… Così da quando mi ritrovo socia onoraria di una Pro Loco lucana, nello specifico di Muro Lucano, chiaramente, seppur da lontano mi ritrovo spesso a seguire le vicende e quindi il giro di manifestazioni, eventi e sagre tipici dei piccoli centri che, anche qui, a loro interno, possono dividere oltre che unire. Ma la sensazione è che qui ci sia una possibilità maggiore rispetto la città di poter comunicare: ci si conosce, ma soprattutto l’interesse che lega ogni abitante di un piccolo centro è comune e non dovrebbe essere personalistico. Delle vicende dell’associazionismo ne ho già parlato in precedenza, e quindi ho già detto la mia, ma quello che non immaginavo assolutamente è che anche il notevole sforzo di chi in maniera volontaria si adopera affinché i prodotti tipici del posto possano avere un riscontro oltre che nei territori limitrofi anche a livello nazionale, ottenendone altresì dei riconoscimenti, potesse rappresentare un problema per altre associazioni quali ad esempio la Fiepet Confesercenti (Federazione pubblici esercizi), Fipe e Ascom CONFESERCENTI, le quali associazioni chiedono che si renda necessario una regolamentazione delle sagre di paese che rappresentano una concorrenza sleale. A quanto pare le sagre hanno raggiunto dei livelli e dei numeri tali da mettere a rischio il già esiguo fatturato di ristoratori e bar colpiti già dalla crisi. Pare infatti che le sagre sul territorio abbiano delle regole definite “leggere” che rischiano così di dare il colpo di grazia ai pubblici esercizi. Da qui nasce così la proposta, nonché una bozza di regolamento delle sagre, ai vari comuni che farebbe viaggiare l’Italia su un solo binario. Perché a quanto pare in tali eventi si consumano pasti nell’oblio fiscale e tutto ciò con la veste di volontariato. Questo è sicuramente un aspetto che non avevo considerato, perché in realtà l’altro aspetto che forse i CONFESERCENTI non considerano è la mole di lavoro e l’impegno spesso non individuale ma di gruppo che rende il merito di unire gli interessi di un paese, pur piccolo che sia, di uscire fuori dall’anonimato e far girare l’economia, anche e solo, a livello locale, perché diciamocelo pure, se i piccoli centri non si rimboccassero le maniche, difficilmente il loro nome verrebbe fuori. A questo livello che ben vengano i social network che nella loro inutilità a livello personale, riescono invece a ridare vita e voce ad un paese che trova l’occasione sul web di pubblicizzare in maniera del tutto gratuita i propri eventi. In realtà, nelle sagre, i ristoratori vengono coinvolti, i produttori del prodotto tipico locale vengono interpellati, ad ognuno di loro viene fatta una proposta che una volta accettata va firmata e controfirmata dall’ente organizzatore che, spesso ma non sempre, è la Pro Loco. Forse l’amministrazione dovrebbe lasciare le vesti di amministrazione e giocare un diverso ruolo, cioè andare dalla stessa parte di chi vuol semplicemente portare un contributo seppur minimo alla comunità; basterebbe l’impegno anche di uno solo. Così, nel frattempo, le sagre vengono accusate ed attaccate di non produrre benessere economico perché non creano posti di lavoro, perché non si contribuisce ad una costante fiscalità. Ma vuoi vedere adesso che il problema del lavoro verrebbe aggravato dalla presenza nel territorio di sagre ed eventi? Purtroppo si sa, l’italiano si sente un po’ furbetto e tende ad approfittare dove intravede una minima possibilità di profitto, per cui rendergli la strada difficoltosa non sarebbe un’idea malvagia, un minimo di regolamentazione sarebbe necessaria solo per demoralizzare gli speculatori e rendere pari opportunità sul territorio fissando il numero massimo di sagre ed eventi realizzabili nell’arco di un’annualità. Ma l’aspetto forse trascurato della sagra è quello sociale: la sagra è sicuramente un momento di convivialità: uno, per chi vive nel paese, due, per chi è lontano e potrebbe esserne attratto ritornando al proprio paese di origine e nell’occasione vivere una, seppur, breve vacanza, tre, per tutti quei giovani che attraverso il semplice associazionismo avrebbero l’opportunità di comprendere il valore dell’unione e della forza che da essa ne consegue, perché portare a termine un progetto significherebbe che “davanti c’è il progetto, dietro c’è l’individuo”. Ma vuoi vedere che i nostri politici fanno il contrario? Prima l’individuo e poi forse il progetto? Viva allora le sagre che contribuiscono al benessere sociale!