GIUSTIZIA/3: giudici sovrani, principi del foro, la caduta di Berlusconi e l’irruzione di Pomarici

 

 Aldo Bianchini

SALERNO – Fin dall’antichità il “rito giudiziario” si consuma nella contrapposizione delle ragioni delle parti. Nel Medioevo venne introdotto il principio secondo cui il “testimone ultimo era Dio stesso” al quale bastava che l’imputato si appellasse con giuramento per essere ritenuto innocente. Più pragmaticamente Silvio Berlusconi si è appellato, o almeno ha tentato di farlo, ai testimoni senza riuscire a scalfire più di tanto le accuse  ed è arrivata la sentenza con tutti i commenti, positivi e negativi, che ogni sentenza trascina inevitabilmente dietro di se. Non intendo entrare nei dettagli e nei tecnicismi sia del processo Mediaset che della sentenza della Cassazione, Berlusconi (questo l’ho già scritto !!) in definitiva se l’è cercata e i giudici non hanno perso l’occasione per metterlo al muro. Ma quello che appare come l’apice della gloria della magistratura dopo venti anni di lotta senza quartiere alla  politica potrebbe essere ricordata come “la vittoria di Pirro” di romana memoria; potrebbe cioè essere il punto di inizio del declino del potere della “casta dei giudici”  che ha tentato di fare la rivoluzione liberale e legale senza esserci riuscita. Sembrerà strano ma l’attenta lettura dei tre comunicati ufficiali “”i messaggi video di Berlusconi e di Epifani e il comunicato del Capo dello Stato”” danno, a mio sommesso avviso, un’unica soluzione al problema della giustizia che, lo si voglia o meno, esiste da vent’anni in questo Paese. Non è dato di sapere se i tre personaggi, nelle ore concitate del dopo sentenza, si siano sentiti o se al loro posto si siano mossi i loro consiglieri ma i contenuti essenziali dei tre messaggi sembrano ispirati dallo stesso comune disegno riformatore, soprattutto della giustizia. Ma sulla scena, inaspettatamente, irrompe il procuratore aggiunto di Milano, Ferdinando Pomàrici -nella foto- (leggi “Vassallo/2 –la costa della legalità” dell’ 8.9.2010 su questo stesso giornale), che a distanza di poche ore dalla lettura della sentenza firma l’ordinanza per la sospensione dei diritti civili di Berlusconi e forse per il ritiro del passaporto; una velocità impressionante per dire “qui comandiamo noi” al di là del Parlamento e delle sue prerogative anche in materia di decadenza dal seggio senatoriale. Sarebbe facile qui dire o gridare “ecco il complotto giudiziario” se non fosse che il nome di Pomarici invita alla cautela perche trattasi di un nome assolutamente fuori dalla mischia dei “pm milanesi d’assalto e antiberlusconiani”; proprio per questo è, però, più facile pensare ad una finale accelerazione barbarica della lotta di potere tra politica e magistratura. Ma siamo al capolinea e la sentenza Mediaset, dunque, potrebbe rappresentare lo spartiacque tra l’inizio della rivoluzione giudiziaria (17 febbraio 1992 con l’arresto di Mario Chiesa a Milano) e l’inizio della rivincita della politica (condanna definitiva di Silvio Berlusconi – 1 agosto 2013). La frase con cui il presidente Napolitano invita ad andare avanti con le riforme sulla base delle indicazioni dei saggi è la strada per uscire dalla crisi profonda tra i “poteri dello Stato”, ed è la soluzione finale di quella guerra tra una piccola ma forte parte della magistratura contro una politica sottomessa ed incapace di esercitare in pieno il suo ruolo in uno stato democratico. La sentenza Mediaset potrebbe, quindi, essere il momento di svolta attraverso il quale la politica riconquista il suo ruolo doverosamente prevalente su tutti gli altri poteri dello Stato. Insomma i giudici per un eccesso di ingordigia, accecati dalla conquista definitiva del potere, hanno  probabilmente commesso l’errore fatale calpestando tutto e tutti ed azzerando anche i cosiddetti “principi del foro”. Hanno cioè distrutto e sottomesso brutalmente l’ultima sponda che li legava all’opinione pubblica per la quale “i principi del foro”, da Honorè Daumier (famoso per il suo Avete perso il processo è vero…ma è stato certamente un piacere per voi sentirmi parlare) a Francesco Carnelutti, da Alfredo De Marsico a Franco Coppi, rappresentavano una sorta di nicchia intoccabile anche per “supremi giudici”. I grandi “principi del foro” avevano prodotto nell’immaginario della gente quel senso di sicurezza e di baluardo contro le ingiustizie della giustizia facendo lievitare di molto la considerazione in positivo della “vil razza dannata” (quella degli avvocati !!). E’ vero che i cosiddetti principi del foro sono nati e cresciuti, professionalmente ed economicamente, all’ombra di magistrati distratti se non proprio compiacenti, ma non si può negare che la brutalità con cui è stato annullato Franco Coppi nel processo Mediaset, riducendolo al rango di un ragazzino delle elementari, ha superato ogni limite. Dico questo perché il professor Coppi era riuscito a convincere anche i tanti media nazionali e internazionali, sicuramente avversi al “potere berlusconiano”, della bontà delle sue argomentazioni a sostegno dell’innocenza del leader del PdL. Offesi ed indignati da questo momento anche gli avvocati, che per decenni sono stati ondivaghi dividendosi tra falchi e colombe pro o contro la magistratura e la politica, probabilmente si schiereranno tutti insieme in favore di questa nuova ed inattesa troika (Napolitano – Epifani – Berlusconi) che appare come l’unica in grado di arginare lo strapotere delle toghe che io tendenzialmente non distinguerei tra rosse, bianche, azzurre, ecc. Le toghe sono toghe e quando vengono anche leggermente sfiorate reagiscono tutte insieme e con grande senso di appartenenza a quell’ordine che  è diventato potere; un potere che non è più sufficiente perché le toghe aspirano alla “sovranità”. Il grande filosofo tedesco Walter Benjamin (1892-1940) amava spesso dire che in epoche tragiche la sovranità è sempre fondata sulla violenza anche quando si richiama al popolo o, peggio ancora, a Dio. E questa che viviamo è certamente un’epoca tragica.

 

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