Barbara Filippone
LAMPEDUSA – Da un angolo di Paradiso, dimora della mia calda estate palermitana, scorgo uno spettacolare mare blu che si presenta agli occhi miei con tutta la sua straordinaria intensità; ma da lontano sulla linea dell’orizzonte vedo una barca… barca simbolo di libertà, ma anche di serena vacanza, di ore trascorse a largo senza che il mondo possa disturbare la quiete raggiunta… ma la barca non è solo questo, è simbolo di fuga, di ricerca della felicità, quasi a racchiudere in sé i desideri di quella parte del mondo dimenticata e affogata dall’indifferenza del resto del mondo; così come canta il Baglioni nazionale: “Questo è il tempo di trovare un’altra immensità diventare liberi di cercare un mondo nuovo e nuove identità di restare semplici…” ed è proprio Claudio che a Lampedusa ha assistito insieme a dieci mila persone nel campo sportivo “Arena”, in località Salina di Lampedusa, alla messa di papa Francesco nel suo storico viaggio sull’isola, donandogli il cappellino di O’scia (“ciato mio” ovvero nella sua traduzione dal dialetto siculo fiato mio, respiro mio) come simbolo dell’impegno profuso dal cantautore in tutti questi anni della manifestazione di O’scià per sensibilizzare l’opinione pubblica sul delicato tema dell’emergenza immigrazione e allo stesso tempo esprimere la solidarietà agli abitanti dell’isola che convivono quotidianamente con i migranti che rischiano la vita pur di toccare con mano uno squarcio di terra libera. La visita del papa riapre, caso mai qualcuno fosse preso da altro, il dramma di questi uomini dimenticati in un angolo d’inferno, e così già all’indomani della visita del pontefice a Lampedusa sbarca una nuova ondata di migranti 300 in tutto, divisi su tre barconi. Ma le polemiche politiche non tardano ad arrivare e dal centro-destra si ipotizza che la prima visita del Santo Padre al di fuori di Roma doveva approdare su problemi che avrebbero riguardato gli italiani e la loro sofferenza, come se Papa Francesco avesse, con il suo gesto, legittimato il reato di clandestinità. Ma che bisogno c’è di dire ciò? A che pro? Solo per il gusto della polemica, credo. Onestamente non lo comprendo, io mi fermerei solo al gesto generoso di un Papa che nel giro di un niente ha coinvolto uomini, donne, fanciulli e non credenti a sentirsi più vivi e vicini ad una Chiesa che sembrava aver perso gran parte del suo gregge, preso in parte da se stesso o preso dai mille e più problemi della vita. Così l’arrivo del Santo Padre è stato dallo scorso lunedì, giorno in cui ne era stata annunciata la visita, una corsa contro il tempo nella preparazione di un’isola che lo avrebbe accolto. Accoglienza all’insegna della sobrietà, rispettando in questo anche la volontà di papa Francesco, così ha dichiarato, il sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini. Almeno verrà riconosciuto il ruolo svolto nel Mediterraneo da un’isola le cui grida di sofferenza di tanti uomini sono state spesso soppiantate da un silenzio assordante che l’ha tenuta ai margini di un Europa che sembra non trovare il tempo per fermarsi a guardare un dramma che si consuma nel quotidiano. Non si fa altro che mettere in pratica la globalizzazione dell’indifferenza, così per il Papa la cultura del benessere rende insensibili tutti noi, quasi che il grido degli altri possa non riguardarci, il benessere ci chiude in una bolla di indifferenza, “bella ma sempre bolla”. Per quanto possa aver sempre apprezzato il pensiero di quest’uomo, lo scuotere delle nostre coscienze ci ridà forse la speranza che non tutto è perduto, ma finché il dramma dell’indifferenza non scuoterà le coscienze di chi prende le decisioni politiche-economiche in merito, non credo che piangere e soffrire per quelle povere “bestie”, perché così vengono trattati nei loro viaggi della speranza, possa occupare i pensieri di chi sbarca il lunario mese per mese pur non essendo un immigrato. La realtà dei giorni nostri non ci aiuta e l’indifferenza continua ad essere un cicalino continuo alle nostre orecchie, nel dramma della solitudine di ciascuno, migranti e non. Credo che non sia il benessere a renderci indifferenti, anzi proprio il non essere sereni nel nostro vivere ci rende insensibili, la mancanza di ideali comuni, la fiducia su chi amministra giuridicamente e politicamente le nostre vite ci fa essere egoisti… troppo generalizzato è il discorso che il benessere sia la causa della nostra indifferenza; non credo sia questo. Alle parole del Santo Padre: “ Chi ha pianto per questi uomini? Chi?”. Non credo di sapergli dare una risposta semplicemente perché è vero. Ci si commuove di fronte alle disgrazie come quella della giornata di ieri in cui un dodicenne muore sulla spiaggia di Manduria mentre gioca con i suoi coetanei colpito da un fulmine nel corso di un improvviso temporale; ma difficilmente ho sentito e visto commozione di fronte alle tragedie del mare… Come se fosse normale che questi “cristi” abbiano la vita che hanno; davvero complicato smuovere le coscienze di tutti e probabilmente il gesto del Papa ha attirato l’attenzione anche in questo senso, pur non condividendo le sue ragioni con le quali ha spiegato l’indifferenza di tutti.