Geografia giudiziaria: da lobby a lobby, chi ha ragione ?

Antonio Citera

Lobby degli avvocati o dei poteri forti? Non si capisce bene. Ma questa è l’Italia, ad ogni sconfitta si cerca il colpevole. Si scava, si accusa, si svestono i panni da gentleman per vestirsi di oscura, misteriosa e alquanto fantomatica illusione di essere sempre e comunque dalla parte dei cittadini. Ma spesso questa è solo la caricatura di quello che realmente accade. Vi trascrivo il comunicato che l’Anai, (associazione nazionale avvocati italiana) ha scritto sul suo sito:

GEOGRAFIA GIUDIZIARIA

DOPO LA DECISIONE DELLA CONSULTA LA COSTITUZIONE NON C’È PIÙ

L’ANAI esprime forte contrarietà alla decisione della Corte Costituzionale sulla geografia giudiziaria.

Ha vinto la lobby dei poteri forti.

La questione della presenza di una “lobby” degli avvocati sollevata da alcuni giornalisti e ripresa dal Ministro della Giustizia è ridicola e non ha alcun fondamento. Sarebbe meglio che quei pochi giornalisti assertori di questa tesi si guardassero a ritroso per “scoprire” che sono essi stessi i veri emissari di lobby economiche e finanziarie del nostro Paese che vogliono una giustizia al servizio dei loro interessi (che sono in massima parte interessi di cospicuo valore economico). Alle lobby economiche (questo sì vero) non interessano i piccoli diritti dei cittadini comuni (abitazione, lavoro, ambiente, sanità, famiglia, convivenza, rapporti di consumo) che possono ben frantumarsi e deteriorarsi, con la rottamazione di gran parte del tessuto giudiziario del nostro Paese e con l’affidamento a mille società commerciali della fase stragiudiziale e preventiva al processo senza il rispetto dei cittadini.

Prima di un definitivo giudizio attendiamo di leggere la sentenza della Consulta.

In ogni caso la battaglia di cittadini, sindaci e avvocati continua sul piano politico.

E ci sono ancora molte carte da giocare per contrastare la ingiustizia di un atto legislativo, ben illustrata Amartya Sen in un libro in cui parla della “matsyanyaya”, ossia della “giustizia nel mondo dei pesci” in cui il pesce grosso si mangia il pesce piccolo.

Si parla di lobby, di interessi, di dignità negata ai cittadini, ma non si parla della vera essenza e del vero disastro che decisioni assunte con fermezza di spirito e con certezza di riforma si frantumano nel tessuto economico e sociale di territori ridotti a strisciare dietro la scia di faziosi e politici che spesso hanno fatto del clientelismo i veri ammortizzatori sociali di un’economia pilotata. Poi ci scandalizziamo dinanzi alla soppressione di quasi mille tribunali, una scelta politica dettata da interessi che vanno oltre l’ambito nazionale che, si frappongono tra il potere del dire e la necessità del subire per mantenere inalterato l’equilibrio del dominio assoluto. Necessità politiche miste a reinvestimenti e ad assensi forzati, imposti o in qualche caso simulati per lasciare intatto un percorso di collusione segnato da decenni. Ecco dunque che la parola lobby in questo contesto si rafforza, assumendo sembianze che si mischiano sia nel mondo politico, sia nel mondo giudiziario e sia in quello civile.  Lobby di avvocati, di giudici, di giornalisti, di politici, di imprenditori, delle forze armate, di quelle religiose e chi più ne ha ne metta, formano un unico agglomerato che a conti fatti  si riflette nello stesso specchio. Quello del potere e della sottomissione dei cittadini.

 

 

 

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