SALA C. – Doccia fredda a Sala Consilina dopo il verdetto (annunciato) della Consulta che, sancisce la definitiva chiusura del Palazzo di Giustizia. Doveva essere l’ultima spiaggia per salvare il salvabile, qualcuno ci credeva, gli avvocati, gli addetti ai lavori, qualche sindaco che (invece di dimettersi) nelle scorse settimane con gesti eroici aveva strappato dal muro della propria stanza la foto del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, suscitando nello stesso ira e rabbia che sicuramente hanno influito negativamente sulle sorti ormai segnate del Tribunale. L’accorpamento a Lagonegro voluto dagli ambienti politici, si può inserire nel libro nero della compravendita dei beni del Vallo di Diano che, da qualche anno sta smembrando il territorio barattato per un pugno di mosche o, per meglio dire per un conservatorismo delle poltrone vellutate che detengono il potere a volte o quasi sempre occulto. Una decisione prevista quella della Consulta, adottata a tempo di record (e questo la dice lunga) che ha bocciato le questioni di legittimità costituzionale sollevate da alcuni uffici giudiziari contro la loro soppressione, salvando solo il tribunale di Urbino. Niente da fare, invece, per quelli di Pinerolo, Alba, Sala Consilina, Montepulciano e Sulmona i cui ricorsi sono stati discussi il 2 e 3 luglio. La Corte ha infatti dichiarato «non fondate» le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, della legge n. 148 del 14 settembre 2011 (l’ultima manovra del governo Berlusconi), che contiene la «Delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari», così come le questioni di incostituzionalità dei decreti legislativi 155 e 156 del 7 settembre 2012, i due provvedimenti del governo Monti che dispongono i tagli, prevedendo una «nuova organizzazione» dei tribunali, degli uffici dei PM e dei giudici di pace. Una delibera celere dunque, che ha spento la flebile lucina della speranza. Ora in teoria toccherebbe alla politica e ai politici rimodellare il tutto ammesso che vi sia veramente voglia di farlo. Se andiamo a ritroso, il ricordo va alla recente campagna elettorale delle politiche dello scorso febbraio, quando la vicenda soppressione dei tribunali è stata il cavallo di battaglia di molti candidati specialmente nella Provincia di Salerno che, in quella occasione si sono proclamati difensori dei diritti negati alle persone, promettendo fuoco e fiamme per salvare la giustizia. Ad acque calme però, dopo aver oltrepassato la soglia del Parlamento, tutto è svanito in qualche misero commento di solidarietà verso i cittadini scippati anche della dignità. Una questione politica che si riflette in scelte fatte e ripetute che incorniciano un preciso status di azioni lesive verso quei territori come il Vallo di Diano amministrate da personaggi decisamente privi di senso etico. Tutti a Lagonegro dunque, “LA GRANDE LUCANIA” sta nascendo, specialmente per chi gioca sul profitto e, al primo suono di campana cambia la strategia al seguire della scia del vento.
direttore: Aldo Bianchini