Favole & numeri … al sud

 

Renato Messina

renatomessina87@gmail.com

 Ho appena finito di leggere un libro e mi viene d’impulso la voglia di scrivere questo articolo. Il libro è l’ultimo lavoro di Alberto Bisin, Favole & numeri,edito da UBE. Questo istinto così impulsivo credo sia dovuto non al merito delle argomentazioni (interessantissime, precise e sintetiche), ma alla visione del mondo sottointesa ad esse. Non è tanto l’acuta descrizione della crisi economica, del funzionamento del mercato finanziario o del declino italiano, piuttosto ciò che rimane sono le motivazioni per le quali non possiamo accontentarci di quello che, attraverso i mass media, la nostra classe politica ci propina. Non intendo fare il solito atto d’accusa sterile verso i politici italiani ma, invece, sottolineare come non ci sia alternativa alla partecipazione attiva e impegnata dei cittadini nei dibattiti politici ed economici. Questo libro infatti ha il merito di esporre senza retorica molti falsi miti nel campo dell’economia che di questi tempi si aggirano per il nostro paese. Il filo conduttore che lega tutti i vari argomenti trattati è solo uno: se il cittadino non si interessa attivamente alla vita pubblica non è più tale, diventa un suddito (anche povero). A maggior ragione nelle regioni meridionali noi viviamo questo gap e non sono certo il primo a parlarne. Ciò che emerge chiaramente dalla lettura è che la crisi non è altro che un moltiplicatore della decrescita (infelice) italiana. Capita allora di riflettere sul fatto che la questione meridionale non sia niente altro che una deformazione ingrandita di certi aspetti e argomenti di rilievo nazionale. Per essere sintetici, se i grandi problemi (in questo caso economici) italiani fossero affrontati a livello nazionale, a guadagnarne proporzionalmente sarebbe innanzitutto il meridione. I falsi miti e i cattivi maestri hanno vita facile quando trovano disincanto e demoralizzazione e qui, giù al sud, per mille motivi che ormai ci interessa poco capire da dove arrivino, il disinteresse per la cosa pubblica è il più grande moltiplicatore di povertà. Penso che ogni volta che parliamo di economia e politica lo dovremmo fare da studenti non da professori, ma che comunque l’importante sia farlo.

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